Secondo ciclo, ma esiste una terza via?
da
Tuttoscuola del 12/6/2006
Somma zero. Negli ultimi trent’anni
l’alternarsi dei governi e delle maggioranze, della prima e della
seconda Repubblica, non ha saputo dare risposte vincenti, di respiro
strategico, al problema della riforma della scuola secondaria
superiore. In sostanza la dialettica tra le forze politiche è stata a
somma zero, e anche la nuova legislatura rischia di non essere
produttiva se si insisterà nella contrapposizione frontale. Ma esiste
una terza via?
C’è una corrente di pensiero che ritiene di sì, e che comunque non ci
sia alternativa al superamento dei tradizionali termini di confronto,
anzi di scontro. La suggerisce per esempio, anche al nostro Paese,
Antony Giddens, il teorico del new labour di Tony Blair, inventore
della formula della "terza via", secondo il quale "ciò che conta è che
siano riformate le strutture obsolete, innalzati gli standard
dell’insegnamento e create opportunità affinché chi proviene da
background più poveri possa trarre beneficio dal sistema educativo".
Giacomo Vaciago, economista vicino alla sinistra riformista, indica
come esempio positivo proprio il modello inglese di Blair, che ha
portato alla chiusura di molte decine di scuole inefficienti,
giudicate tali sulla base di rigorose prove d’esame alla quali sono
stati sottoposti gli allievi: è nell’interesse degli allievi,
soprattutto di quelli più a rischio, che le scuole scadenti vengano
chiuse. Che ne pensano i sindacati italiani?
Luigi Covatta a sua volta, già sottosegretario socialista al MPI negli
anni ottanta, riprendendo l’appello del governatore della Banca
d’Italia Mario Draghi, ha sostenuto sul "Corriere della Sera" del 9
giugno che "non hanno senso né le polemiche sulla ‘licealizzazione’ né
quelle sul ‘doppio canale’, Serve invece una rete a geometria
variabile in luogo della rigorosa geometria gentiliana: un’autonomia
scolastica cioè che non si nutra di conflitti tra Stato e Regioni, ma
di flessibilità (e qualità) dell’offerta formativa".