Ma per i sindacati, a sei anni di distanza dalla
megaprotesta dei prof Aumenti di merito ai docenti, è scontro.
I sindacati si dividono sulla risposta a Luigi
Berlinguer Giulio Benedetti, Il Corriere della Sera del 5/6/2006
ROMA - Per l’ex ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, i tempi sono maturi per tornare a parlare di verifica della qualità dei docenti. Ma per i sindacati, a sei anni di distanza dalla megaprotesta dei prof contro i quiz per separare i bravi dagli altri, il concetto di verifica del merito individuale continua a non avere senso. L’uscita di Berlinguer trova le sigle della scuola, ormai prive del collante dell’antimorattismo, poco convinte ma in disaccordo tra loro. L’agenda del nuovo governo sull’Istruzione - Fioroni ha scelto di studiare i problemi e non esternare - è ancora in bianco e già appaiono le prime incrinature tra i sindacati dopo un quinquennio di compattezza contro l’ex ministro. I Cobas a capo del movimento «Fermiamo la Moratti» accusano la Cgil di fare retromarcia sull’abrogazione della riforma, la Gilda è pronta allo scontro con gli altri sindacati se non otterrà un’area contrattuale separata per i docenti, ossia senza i bidelli. Posizioni divergenti anche in materia di merito, anzi di valorizzazione professionale, la formula più usata. Per Gilda e Cobas, i due sindacatini (8 e 5% di consenso) che sei anni fa hanno portato allo sciopero contro il «concorsone» propedeutico agli aumenti di merito un docente su tre, causando la caduta di Berlinguer, i tempi oggi non sono maturi. «È facile individuare il demerito - dice il coordinatore Rino Di Meglio -; è arduo, invece, determinare i meriti: nessuno ha trovato, per quanto ne so, un metodo. Servirebbe un’autorità indiscussa». «Errare è umano, perseverare è diabolico - dichiara Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas scuola -. Berlinguer allora sbagliò grazie ai consigli dei confederali, ma quando provò a concretizzare scoprì di non avere gli strumenti per misurare il merito e si mise contro la categoria che aveva capito come sarebbe andata a finire: 20% di bravi col bollino blu, 80% di meno bravi. La valutazione va fatta seguendo quotidianamente il lavoro del docente, non ci sono quiz né formule». A sei anni di distanza il ricordo del «concorsone» scotta ancora tra confederali e autonomi. La mattina del 17 febbraio, Cgil (30% di consenso), Cisl (25) Uil (12) e Snals (19) per poche ore si trovarono quasi senza base: avevano aderito allo sciopero 320 mila docenti. Un segno della specificità della tradizione sindacale dei prof. «Più da colletti bianchi - osserva Alessandro Cavalli, docente universitario a Pavia, esperto di problemi dell’educazione - che da categoria operaia. La fedeltà non è assoluta, perché il loro lavoro ha un elevato grado di autonomia». E difatti la reazione all’uscita berlingueriana sui «tempi maturi per il merito» è di estrema prudenza. In Europa nella valutazione interviene il preside, in quanto responsabile dei risultati dell’istituto. Berlinguer ipotizzò un concorso selettivo statale. Per confederali e Snals le parole d’ordine sono promozione della professionalità diffusa, valorizzazione, opportunità per tutti. Le emergenze 2006 per il leader della Cgil scuola e università, Enrico Panini, sono anzitutto le retribuzioni e il problema dei precari: «Si può affrontare anche la valutazione, purché ci siano le risorse. Ci vuole una proposta confederale aperta, in grado di misurarsi con una professionalità diffusa - la differenza non la fa il prof bravo ma il collettivo - da sottoporre a un referendum d’ingresso e uno finale». «Nessun tabù, d’accordo, ma non bisogna ripetere gli errori del passato - dichiara Francesco Scrima, segretario generale Cisl scuola -. Dare tanto a pochi non risolve il problema. La proposta deve essere un’opportunità offerta a tutti». |