Le scuole europee ricorrono ai finanziamenti del mercato per beni e servizi.
In Italia ruolo marginale rispetto al pubblico

Impazza la finanza privata.

di Iaia Vantaggiato, ItaliaOggi del 20/6/2006

 

Nella stragrande maggioranza dei paesi europei le scuole sono libere di ricorrere ai finanziamenti (ma non ai prestiti) privati. Il caso più esemplare è costituito dalla Gran Bretagna dove, qualora la riforma voluta dal premier, Tony Blair, dovesse essere definitivamente approvata, enti confessionali e non confessionali, associazioni di genitori e imprese saranno nelle condizioni di poter erogare le risorse loro richieste dai singoli istituti. Di minore autonomia godono invece, rispetto ai finanziamenti privati, le scuole di Grecia, Francia, Lussemburgo, Finlandia, Islanda e Norvegia. Quanto all'utilizzo dei suddetti fondi, esso si indirizza soprattutto verso l'acquisto di beni e servizi di funzionamento. Pochi i paesi nei quali i finanziamenti privati vengono utilizzati per l'assunzione di personale docente e non docente e per investimenti in immobili, ambito questo nel quale si preferisce fare ricorso alla spesa pubblica decisa dalle autorità locali. Fanno eccezione la Germania, il Lussemburgo, la Slovenia e la Finlandia, paesi nei quali è l'autorità centrale a determinare l'entità dei fondi da destinare all'acquisto di immobili.

Per quanto riguarda l'Italia, è bene partire dal considerare che l'autonomia finanziaria è legata all'autonomia didattica.

 

l'autonomia italiana

Il dpr 275/99 assegnava al Pof (Piano dell'offerta formativa) predisposto da ogni istituzione scolastica, il carattere di ´documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche' nonché il compito di esplicitare ´la progettazione curriculare, extracurriculare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia'. Il decreto, tuttavia, attribuiva allo stato centrale, cioè al ministro dell'istruzione, la definizione degli obiettivi generali del processo di formazione e di quelli specifici di apprendimento, oltre che dei curriculum, degli standard di qualità e degli indirizzi per la valutazione degli alunni. Tra le forme di flessibilità concesse alle singole scuole, il regolamento fissava l'articolazione modulare dell'orario annuale di ogni disciplina; la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l'unità oraria della lezione; percorsi didattici individualizzati; possibile organizzazione di gruppi di alunni provenienti dalla stessa classe, da diverse classi o anche da diversi anni di corso.

La Corte costituzionale, con la sentenza 13/04, aveva poi specificato che, a norma dell'art. 33 della Costituzione, l'autonomia ´non può risolversi nella incondizionata libertà di autodeterminazione, ma esige soltanto che a tali istituzione siano lasciati adeguati spazi di autonomia che le leggi statali e quelle regionali, nell'esercizio della potestà legislativa concorrente, non possono pregiudicare'.

I limiti posti all'autonomia dal dpr n. 275/99 e dalla sentenza della Consulta sono quindi stati ulteriormente ristretti negli anni del ministero Moratti. La riforma articolata nella legge 53/03 e nei conseguenti decreti attuativi attribuisce infatti importanza limitata alla autorganizzazione delle singole scuole e alcune decisioni assunte nel quinquennio 2001/2006 dal Miur muovevano in netta controtendenza rispetto alla scelta dell'autonomia. In particolare l'istituzione (decreto legge 286/04) di un servizio nazionale di valutazione affidato a un ente direttamente ministeriale come l'Invalsi (con un presidente nominato dal consiglio dei ministri e formato da tutti componenti di nomina ministeriale) era stata immediatamente tacciata di mirare a una limitazione drastica dell'autonomia sancita nel '97.

 

Autonomia al 20%

L'ultimo atto è la decisione del ministero (decreto n.47 del 13 giugno scorso) di innalzare al 20% la quota dell'autonomia nei programmi alle superiori.

 

la questione dei fondi

Va tuttavia sottolineato che più che l'affidamento delle competenze in materia d'istruzione al governo centrale o regionale (dall'offerta educativa ai contenuti e ai processi di insegnamento, dai regolamenti all'organizzazione scolastica vera e propria, dalla gestione del personale al reperimento di fondi privati), l'elemento determinante rispetto alle scelte di ´politica scolastica autonoma' resta quello dell'assegnazione dei finanziamenti pubblici. Questo almeno sembrano attestare le esperienze della maggior parte dei paesi europei. Un panorama, quest'ultimo, variegato e complesso anche a causa della diversità dei singoli sistemi educativi e delle differenti caratteristiche istituzionali.

 

la decentralizzazione europea

Tra i paesi maggiormente decentralizzati figurano (oltre alla Svezia e alla Finlandia dove altissimo è il livello di autonomia realizzato anche grazie alla possibilità delle autorità locali di delegare qualsiasi decisione ai singoli istituti), l'Ungheria, i Paesi Bassi e il Regno Unito dove le scuole possono decidere curriculum, orari di lezione, personale e financo periodi di vacanza.

Seguono la Grecia e Cipro. Fanalini di coda, il Lussemburgo, la Francia e l'Italia mentre un discorso a parte meritano la Germania e la Spagna dove la responsabilità del sistema educativo ricade sul livello federale così che al centralismo statale si sostituisce semplicemente un centralismo regionale. Nella maggior parte di questi paesi, comunque, l'autonomia decisionale dei singoli istituti si esercita più che altro a livello pedagogico-didattico: di competenza del governo centrale restano invece la programmazione, la gestione del personale e l'utilizzo delle risorse.

 

i finanziamenti

Ma torniamo alla questione dei finanziamenti. Essi, innazitutto, vanno distinti quanto a destinazione: i fondi pubblici assegnati al personale docente che, nella maggior parte dei paesi europei, vengono decisi dall'amministrazione centrale con l'eccezione di Ungheria, Scozia e Bulgaria dove il livello di spesa è di competenza delle autorità locali (per quanto riguarda Lettonia, Polonia, Slovenia, Inghilterra e Galles, i fondi sono stabiliti a livello in parte centrale e in parte locale); i fondi destinati al personale non docente, alle spese di funzionamento e ai beni mobili la cui determinazione è per lo più ripartita tra governo e autorità locali (gestione centralizzata si registra solo in Belgio, Irlanda, Cipro, Malta, Paesi Bassi, Slovacchia e Portogallo); i fondi destinati ai beni immobili del cui ammontare sono solitamente responsabili i livelli amministrativi che si occupano della determinazione dei fondi destinati alle spese di funzionamento e ai beni mobili.

 

la gestione dei bilanci

Un'ultima considerazione merita la cosiddetta gestione finanziaria che va articolata come segue: da un lato, i fondi pubblici relativi al budget globale delle scuole (finanziamenti correnti e finanziamenti di conto capitale), dall'altro i fondi destinati ai beni e ai servizi di funzionamento corrente (dalle spese di manutenzione e cosiddette correnti al materiale di cancelleria).

In generale, le scuole europee godono di minor autonomia quanto alla gestione del budget globale. Fanno eccezione le scuole primarie della comunità fiamminga del Belgio e quelle secondarie dei Paesi Bassi. Di autonomia limitata godono, invece, le scuole dell'Estonia, del Regno Unito, dell'Ungheria e quelle primarie dei Paesi Bassi.

In Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia è compito delle autorità locali delegare le decisioni relative all'assegnazione di entrambi i budget.