Certi colpevoli silenzi sulla scuola.

Giuseppe Benedetti, da DocentINclasse,del 6/6/2005

 

Fine aprile 2006. Alcuni quotidiani danno spazio alla notizia della ribellione di cento commercianti del centro di Palermo che hanno deciso di uscire allo scoperto perché non vogliono più pagare il ‘pizzo’. Negli stessi articoli sulla vicenda si segnala che “quasi tutti i commercianti che hanno aderito all’iniziativa sono laureati o diplomati” e viene ricordato che l’inizio della rivolta risale al 29 giugno 2004, quando sette ragazzi freschi di laurea hanno affisso sui muri della città degli adesivi con la scritta: “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”.
I commercianti ribelli sono in parte uomini, in parte donne; l’età varia dai 30 ai 50 anni; le attività di cui sono titolari sono diverse tra loro (librerie, ristoranti, negozi di abbigliamento ecc.). Ciò che li accomuna è l’aver investito sull’istruzione nella parte iniziale delle loro esistenze.

Questa banale riflessione non la fa nessuno. O, meglio, quasi nessuno. Ricorderete il magistrato napoletano che a Scampia, nel periodo della ‘mattanza’, disse che lì ci sarebbero voluti bravi insegnanti piuttosto che bravi poliziotti.

Ma il silenzio più assordante è quello dei predicatori delle riforme scolastiche ad ogni costo (cioè “a costo zero”). Sono, per intenderci, quei novatori che, avendo compreso da tempo che l’economia è il “termine fisso d’etterno consiglio”, si sforzano di far capire agli insegnanti che questa norma vale per tutto tranne che per i loro stipendi. E, così pontificando, coprono quanto è ovvio, cioè che la scuola può formare cittadini consapevoli dei loro diritti-doveri se vi operano docenti a cui sia riconosciuto uno status adeguato al ruolo.

Qualche giorno dopo, dai media rimbalza l’allarme lanciato dall’ISTAT: l’Italia è un Paese immobile dal punto di vista sociale. I grandi opinionisti si mobilitano per raccontare il declino di un Paese che ha rinunciato alla meritocrazia e si spegne sotto i colpi del familismo.

Anche in questi commenti manca il riferimento alla ‘scuola’, ovvero al depotenziamento della scuola. Eppure il nesso è semplicissimo. Non si riesce a vedere o non si vuole vedere?