Le linee guida del nuovo rapporto
sull'Educazione nei Paesi membri. Nei test di raffronto debolezze
degli studenti italiani soprattutto nelle materie scientifiche
Pochi diplomati e laureati.
Allarme Ocse per l'Italia
Il costo per alunno è tra i più alti, ma negli
investimenti restiamo indietro
Salvo Intravaia,
la Repubblica
del 5/1/2006
L'Ocse boccia il
sistema educativo italiano. Inefficiente, con poche risorse ma al
tempo stesso costoso e che produce scarsi risultati. È questa, in
sintesi, la descrizione del sistema scolastico e universitario
italiano delineata dall'annuale rapporto dell'Osce (l'Organizzazione
per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, che raccoglie 30 paesi
membri e altri col ruolo di partner) intitolato "Uno sguardo
all'Educazione". Uno studio che ormai è diventato uno degli
appuntamenti più importanti per tutti coloro (politici, sindacati e
addetti ai lavori) che gravitano attorno al mondo dell'istruzione e
della formazione.
Fatti i dovuti raffronti fra sistemi educativi anche molto diversi,
quello del nostro Paese funziona abbastanza male. Insomma, non sembra
proprio il sistema educativo della settima nazione più
industrializzata del pianeta. A dirlo sono le decine di tabelle e le
centinaia di dati forniti dal corposo volume, che - pur riferendosi
per la maggior parte al 2003 - danno un'idea abbastanza precisa sulle
differenze esistenti fra paese e paese. La scuola e l'università
italiana sfornano pochi diplomati e laureati e i ragazzi delle scuole
superiori, messi a confronto con i coetanei degli altri paesi
attraverso test standardizzati (sulla Matematica, sul Problem solving
- la capacità di Risoluzione dei problemi - e sulle Scienze) ne escono
mortificati.
Gli investimenti da parte del governo sono scarsi, ma seguendo i
numeri ci si accorge di una serie di vere contraddizioni. Inoltre, i
più istruiti trovano lavoro più facilmente e con retribuzioni maggiori
rispetto a coloro che studiano meno.
Senza la pretesa di una analisi approfondita, è fin troppo chiaro che
l'elefantiaco sistema educativo italiano - secondo al mondo per
complessità solo al Pentagono degli Stati uniti d'America - segna il
passo e va riformato. La fuga dei cervelli all'estero, la difficoltà
sempre maggiore dei nostri giovani a trovare lavoro e la scarsa
competitività del sistema Italia, soprattutto rispetto alle economie
emergenti del globo, sono soltanto alcune delle cause di un sistema
scolastico che arranca.
I
risultati.
In Italia, nella fascia d'età compresa fra i 25 e i 64 anni, troviamo
44 diplomati su 100. La media dei paesi Ocse è di 66, con Stati Uniti
e Regno Unito, rispettivamente all'88 e al 65 per cento, che ci
superano di parecchi punti. Nelle fasce più "giovani" la distanza si
accorcia ma resta enorme. L'Italia per numero di diplomati, si colloca
al venticinquesimo posto superata dalla Polonia, dalla repubblica
Slovacca e da quella Ceca. Ma siamo sorpassati anche dalla Corea, dal
Cile e dal Perù, questi ultimi partner dell'Ocse.
Stessa cosa per numero di laureati: 10 su 100 abitanti di età compresa
fra 25 e 64 anni, in Italia, contro i 24 della media Ocse. E fra i
"giovani" (25-34 anni) il nostro Paese è ultimo, sopravanzato anche da
Grecia, Ungheria e Portogallo, fra i paesi membri. Superati perfino da
Argentina, Malesia e Filippine. Terzultimi nei risultati dei test Pisa
(Programme for International Student Assessment, programma per la
valutazione internazionale dell'allievo) in matematica, rincorriamo
anche la Nuova Zelanda, la Corea e l'Islanda. E, attenzone, i
risultati dei quindicenni delle scuole pubbliche sono di gran lunga
migliori dei coetanei delle scuole private.
Musica che non cambia se si prendono in considerazione i test sul
Problem-solving. Ultimi fra i 13 paesi più industrializzati del mondo
nei test (IEA-TIMSS - Associazione internazionale per la valutazione
del successo educativo: Terzo studio Internazionale di Scienza e di
Matematica) riguardanti le Scienze.
Gli
investimenti.
Ma quanto si investe, nel nostro Paese, in Educazione? Poco, stando
alle statistiche Ocse. Con il 4,9 per cento del Pil (il famoso
Prodotto interno lordo: la ricchezza prodotta dal Paese) veniamo
distaccati di quasi un punto dalla media (5,8 per cento) degli altri
30 paesi. Addirittura in calo, rispetto al 1995, gli investimenti
pubblici, per cui veniamo superati anche da paesi come la Jamaica, lo
Zimbawe, il Messico e la Tunisia, che investe il 6,4 del Pil. In
Italia, il grosso degli investimenti viene assorbito dalla scuola.
Ma ecco la prima contraddizione: il costo di un alunno (7.474 dollari
equivalenti) supera quanto si spende in media negli altri paesi (6.081
dollari). In Italia, il costo maggiore è per gli alunni della scuola
media inferiore che assorbono 8.063 dollari l'uno. Segno di un sistema
decisamente inefficiente. Discorso inverso per gli studenti
universitari: 8.363 dollari a testa contro i 10.655 dei paesi Ocse.
Numeri e
indici.
Eppure, stando agli indicatori Ocse, le cose in Italia dovrebbero
andare bene. Nella scuola media abbiamo poco più di dieci alunni per
docente, contro i 14,6 della media Ocse. Stesso discorso (per quanto
riguarda il rapporto alunni/ docenti) al superiore. Ma poi i risultati
sono deludenti perché i ripetenti delle scuole superiori sono il
quadruplo della media Ocse: l'8,8 per cento, contro una media del 2
per cento. Anche il numero di alunni per classe è inferiore, in tutti
gli ordini di scuola, rispetto agli altri paesi. E di personale
(docente e non docente) in Italia ce n'è in abbondanza: 139 persone
ogni 1000 studenti, contro i 107 della media Ocse. E orario annuale
(come numero di ore di lezione) più consistente, o simile, in quasi
tutte le fasce d'età.
Gli
insegnanti.
Ma la nota dolente riguarda l'età degli insegnanti, di gran lunga più
vecchi rispetto ai colleghi dei membri Ocse. Solo a titolo di esempio
nella scuola superiore italiana il 90 per cento dei docenti ha più di
40 anni. La media Ocse è del 64 per cento: il 36 per cento di docenti
è giovane con meno 39 anni. Dalle nostre parti le cose migliorano solo
alla scuola elementare, ma le distanze con i 30 paesi di riferimento
restano grandi. Anche la cosiddetta presenza femminile fra gli
insegnanti italiani rappresenta una anomalia. In Italia, la quasi
totalità alla materna e all'elementare, tre quarti alla media e il 60
per cento al superiore. Le cose vanno diversamente all'elementare dove
nei paesi Ocse maestri maschi se ne contano 20 su 100. Ma è sugli
insegnanti "giovanissimi" (con meno di 30 anni) che si vede la
differenza.
In Italia, per la struttura dei percorsi formativi dei docenti, i
giovanissimi sono praticamente inesistenti al superiore. Nei paesi
Ocse se ne contano il 13 per cento. Stessa cosa all'elementare: 1,8
contro 16 per cento. Differenze che riguardano anche gli stipendi,
mediamente più bassi rispetto a quelli percepiti dagli altri colleghi.
I più fortunati sono gli insegnanti del Lussemburgo che a fine
carriera percepiscono uno stipendio doppio rispetto ai colleghi
italiani. Ma anche in Portogallo, Spagna e Corea si guadagna più che
in Italia. Allineati alle medie Osce anche i carichi di lavoro (in ore
per i docenti).