Che fine ha fatto . . . Pasquale Almirante, La Sicilia del 20/2/2006
Che fine ha fatto la proposta di legge di modifica dello stato giuridico dei professori attinente il reclutamento, i profili professionali e lo sviluppo di carriera? E ancora: quante scuole secondarie aderiranno al progetto di sperimentazione della riforma voluta dal Ministro qualche giorno prima della scadenza delle preiscrizioni, insieme al portfolio e la confluenza degli Istituti tecnici nei nuovi licei?
Ma un'altra domanda si insinua in questi giorni così accesi di campagna elettorale: come si svolgeranno i prossimi esami di stato? Con ogni probabilità, chiunque dovesse vincere le politiche, gli esami di diploma seguiranno le stesse procedure dell'anno scorso, nonostante l'Unione abbia nel programma il ripristino di commissioni a prevalenza composizione esterna; ma relativamente alla sperimentazione della Legge 53 sarebbe invece del tutto sprecata la fatica della riorganizzazione delle scuole perché, se vincesse il centrosinistra, tutto verrebbe ridiscusso e così pure le tabelle dei licei. Imbarcarsi dunque su sperimentazioni, tanto stressanti quanto complicate, col rischio di macinare crusca, non pare convenga a nessuno. La prudenza aliterebbe a tutti i collegi dei decenti di attendere l'esito delle votazioni e a settembre rifarsi i conti, visto pure che proprio da gennaio scorso il contratto di lavoro è irrimediabilmente scaduto. Ma similare discorso si può fare anche in merito alla modifica dello stato giuridico dei professori su cui non si fa più cenno da parte del centrodestra, forse nel timore di accendere vespai, pur rimanendo fermo il vecchio cruccio di ottenere qualche incentivo al merito e il riconoscimento della progressione di carriera. A tutt'oggi infatti l'unica possibilità di avanzamento rimane il concorso a preside che però, con l'attuale normativa di una soglia di punteggio minimo per accedervi, è affatto precluso alla stragrande maggioranza dei docenti. Altre domande, ma di stretta vivibilità quotidianità, si fanno i circa 200 mila precari, nonostante sia stato pubblicato il nuovo piano di assunzioni: troppi rimangono esclusi, dopo averli colpevolmente da anni coinvolti nelle larghe maglie dell'insegnamento. Da qui una ulteriore domanda condivisa da tanta parte di famiglie, operatori, osservatori ed esperti: a chi giova la confusione e l'incertezza nel delicatissimo sistema d'istruzione? E una conseguente riflessione: è possibile che ad ogni maggioranza di Governo si rifaccia tutto daccapo? E come se non bastasse, è stata depositata in questi giorni alla Corte di cassazione una legge di iniziativa popolare di riforma complessiva della scuola scritta da insegnanti, studenti, genitori coagulati attraverso news per E-Mail e dal sito web “Rete scuole”; ma anche ben 67 comitati ufficiali si sono formati e gruppi operativi di lavoro il cui risultato ultimo è stato sottoscritto da tutti i loro delegati durante una assemblea a Roma. Una sorta di costituente il cui obiettivo finale è il raggiungimento di 50 mila firme in sei mesi per portarla all'approvazione. Chiediamo: ma sul futuro culturale e civile della Nazione non si dovrebbe trovare una sintesi comune, trasversale e condivisa lasciando alle iniziative popolari altre faccende? Nel frattempo però circa 200mila docenti, nei prossimi anni, sono pronti ad abbandonare, per sperimentata stanchezza fisica e mentale, questa ormai strana, avventurosa, imprevedibile scuola: ma queste sono iniziative singolarmente, e fortunatamente, soggettive. |