Il boom conquista anche professori celebri
I docenti pubblici e l'affare delle lauree online.
Undici le università su Internet e dietro
l'ultima nata si nasconde il Cepu
Slogan ingannevoli e denunce.
Gian Antonio Stella Il Corriere della Sera del
31/12/2006
«Dottor Figus, lei dove ha studiato?».
«Al Cepu». «Chiaro! Come mai non si sveglia, il paziente?» La scenetta
di Tel chi el telùn era solo una delle tante in cui Aldo, Giovanni e
Giacomo hanno scherzato per anni sul più famoso centro che «aiuta» gli
studenti a studiare. Anche nell'ultimo film dei tre, Anplagghed, i
protagonisti sono «un robot, un terrone e un ingegnere positronico
laureato al Cepu». Un gioco: non ci si laureava, lì. Fino a ieri,
però: dietro una delle 11 università telematiche autorizzate da
Letizia Moratti, alcune un attimo prima di lasciare il ministero, c'è
infatti (sorpresa!) anche una creatura clonata dalla società diventata
celebre grazie a un martellante spot con Alex Del Piero. Che tra poco,
se il ministro Fabio Mussi non si metterà di traverso, potrà
finalmente far tutto in casa: lauree comprese. Capiamoci: non è che il
Cepu sia il primo centro del genere a portare a compimento il «ciclo
produttivo». L'aveva già fatto «Universitalia», che campeggia su
Internet e sui giornali con slogan che ricordano i «sette chili in
sette giorni». Questo diceva infatti uno spot: «Dieci esami in dieci
mesi!» Poi corretto (massì, abbondiamo) in un trionfante: «Undici
esami in dieci mesi!». Per essere ancora più «gajarda», la home-page
del sito mostra anzi una bella ragazza che impugna bellicosamente i
guantoni e colpisce con un sinistro la scritta: «Esami, usa il metodo
forte». Il tutto in linea con uno dei protagonisti, Stefano Bandecchi,
ex paracadutista, amministratore unico della Edizioni Winner che della
Universitalia è azionista al 50%.
Metodi forti, metodi spicci.
Basti ricordare che poche settimane fa Sara Nardi, una dei
responsabili dell'istituto, è stata rinviata a giudizio dal pm romano
Giuseppe Corasaniti per aver ingannato una ragazza con la proposta
contrattuale «soddisfatto o rimborsato». Seccante. Come seccante fu il
coinvolgimento due anni fa nell'inchiesta della procura di Verona su
un giro di "diplomi facili", di Alfredo Pizzoli, oggi amministratore
unico dell'Isfa, uno dei soggetti che controllano il Consorzio Risorse
Umane, da cui è stata originata, appunto, la Unisu: Università
telematica delle Scienze umane. Tutto corretto? Sotto il profilo
legale magari sì. Ma anche uno dei docenti, Giuseppe Castorina,
ordinario di Inglese alla Sapienza e presidente del comitato tecnico
organizzatore dell'ateneo, ha detto al Corriere dell'Università e del
Lavoro: «Sapevo che Winner fosse tra i finanziatori del Consorzio ma
non che Winner fosse anche Universitalia. Il conflitto d'interessi?
Indubbiamente la situazione è equivoca». Dotata di un comitato tecnico
organizzatore presieduto da Umberto Margiotta, ordinario di pedagogia
alla Ca' Foscari, la Unisu ebbe il via libera dalla Moratti il 10
maggio scorso, un mese dopo la sconfitta della destra e pochi giorni
prima che Letizia passasse le chiavi del ministero al successore.
Nella banca dati del ministero, per quanto quei numeri vadano presi
con le pinze, non risulta avere neppure un docente di ruolo. Zero
carbonella, per dirla alla romana. Le facoltà tuttavia sono quattro:
Giurisprudenza, Economia, Scienze politiche e Scienze della
formazione.
Un miracolo? No.
Almeno sulla carta. Nell'Università italiana (a differenza che negli
ospedali) non esiste infatti alcuna norma che regoli le pretese di un
docente di un ateneo pubblico di lavorare anche per uno privato.
Certo, Mussi ha già annunciato di volere cambiare al più presto queste
regole perché «non sta né in cielo né in terra che un dirigente della
Fiat possa lavorare anche per la Renault o la Bmw». Ma per adesso la
situazione è questa: centinaia di docenti sono a carico dello Stato
(dallo stipendio agli assegni familiari, dalle ferie ai contributi
pensionistici per una media da 150 a 180 mila euro l'anno lorde, un
ordinario) come dipendenti pubblici e arrotondano con le accademie
private. In particolare le telematiche. Una delle quali, la Uninettuno,
che peraltro passa per essere una delle più serie (Economia,
Giurisprudenza, Ingegneria, Lettere e Psicologia e un assetto
societario che vede in prima fila il Consorzio Nettuno di cui fanno
parte anche l'ex ministro dell'Istruzione Giancarlo Lombardi e l'ex
direttore generale della Rai Franco Iseppi) ha un docente pubblico
addirittura come rettore: Amata Maria Garito. Ordinaria di psicologia
alla Sapienza e grande amica di Prodi, che proprio a casa sua attese
il 10 aprile i risultati elettorali.
Il fatto è che nell'affare delle
università telematiche hanno
tentato di buttarsi in tanti. Ovvio: gli studenti fanno tutto in
Internet (lì scaricano le lezioni registrate dei docenti, lì trovano
le esercitazioni da fare, lì partecipano ai forum didattici, lì "chattano"
con la controparte) e possono teoricamente vedere questo o quel
«prof.» solo il giorno dell'esame. Quindi basta una sede neppure
troppo grande, un po' di professori part-time, uno staff che abbia
dimestichezza con Internet ed è fatta. Senza alcuna necessità di
investire decine di milioni di euro. Ed ecco la Telematica universitas
mercatorum, costituita a novembre del 2005 per iniziativa dell'Unioncamere
(Presidente è Andrea Mondello, che guida l'associazione): una facoltà
(Economia) e due corsi di laurea triennale, Management delle risorse
umane e Gestione d'impresa. E poi la Pegaso (due facoltà,
Giurisprudenza e Scienze umanistiche, zero docenti di ruolo in banca
dati) che ha come azionisti Danilo, Raffaele e Angelo Jervolino, che
già hanno interessi in vari istituti scolastici privati partenopei. E
poi la Giustino Fortunato (solo Giurisprudenza, nessun docente di
ruolo in banca dati) che fa capo alla fondazione Efiro di Benevento,
presieduta da Angelo Pasquale Colarusso, già noto nel Sannio per una
scuola privata che da molto tempo aiutava nelle rimonte scolastiche. E
poi ancora la Leonardo da Vinci, zero docenti di ruolo (per la banca
dati), tre facoltà (Scienze dei Beni culturali, Scienze della
Formazione e Scienze manageriali) e un legame strettissimo con
l'Università Gabriele D'Annunzio" di Chieti-Pescara (nota anche per un
gran numero di speedy-lauree) il cui patriarca indiscusso è Franco
Cuccurullo, ex-presidente del Comitato etico nazionale nominato da
Rosy Bindi per esaminare il protocollo Di Bella, presidente del
Comitato di indirizzo di valutazione sulla ricerca e futuro presidente
dell'Istituto Superiore di Sanità. E poi ancora la Unitel (zero
docenti fissi in banca dati, tre facoltà: Agraria, Architettura e
design industriale e Scienze motorie ma con un solo corso di laurea
attivato: design della moda) che appartiene a una società di cui fanno
parte la Fondazione Renato Dulbecco (28%), l'Associazione centro
interdisciplinare studi biomolecolari (12%), Mediolanum comunicazione
(8%), Fininvest Servizi (8%) e sbloccata dalla Moratti l'8 maggio
scorso, nove giorni prima che si insediasse il nuovo governo. Per
finire con la Iul (ancora zero docenti ufficiali, una facoltà,
proprietà di un consorzio con l'Università Bicocca di Milano,
l'Università di Firenze, di Macerata, di Palermo e la Lumsa…), la
Tel.Ma. (un docente di ruolo, Donato Limone, e due facoltà, voluta a
quanto pare dal Formez e dall'Anci).
Voi chiederete: ma perché questa
corsa? Il miele che attira le
api, quelle buone e quelle meno buone, è la possibilità di rastrellare
una quantità mai vista prima di «aspiranti dottori». Merito di quella
riformetta che permette un po' a tutti di «mettere a frutto il proprio
lavoro». Facendosi riconoscere, sulla base dell'esperienza accumulata
come ragionieri o guardie forestali, giornalisti o vigili del fuoco,
impiegati catastali o brigadieri dei carabinieri, una gran quantità di
crediti formativi universitari (fino a 140, prima che Mussi imponesse
un tetto massimo di 60 su 180) così da poter puntare a una laurea con
pochi esami. È vero: l'hanno fatto un sacco di atenei, anche tra
quelli additati come «più seri». Ma alcuni ci hanno dato dentro alla
grande. Come la telematica «Marconi», che risulta avere fatto la
bellezza di 30 bandi di gara per docenti ma di averne a carico due
soli: il ricercatore Umberto Di Matteo (nemmeno confermato, pare) e
l'ex senatore democristiano e poi aennino Learco Saporito, già
sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Berlusconi. Rettore:
Alessandra Spremolla Briganti, fino a qualche mese fa ordinario a Roma
Tre. Proprietà: la Fondazione Tertium. Facoltà: Lettere,
Giurisprudenza, Economia, Scienze e tecnologie applicate, Scienze
della formazione, Scienze sociali. Amatissime, stando alla raffica di
convenzioni sbandierate su Internet, da un sacco di associazioni di
categoria. «Avevamo la fila alla porta di gente che voleva laurearsi e
ci proponeva mille o duemila iscritti a botta», spiega Francesco
Paravati, responsabile del marketing della Uninettuno che quasi si
vanta di avere solo 600 iscritti contro gli oltre quattromila della
Marconi. Il delegato di un gruppo di agenti di custodia, racconta,
"arrivò a dire chiaro e tondo: la laurea ci serve solo per passare di
grado. Non daremo fastidio a nessuno, non faremo danni usandola. Le
altre ci riconoscono cento, centodieci crediti… Perché voi no?».
Restava il giallo su chi stesse dietro
l'undicesima università telematica, la E-Campus, approvata il 30
gennaio scorso. Di chi poteva essere? E perché la proprietà aveva
ritenuto opportuno starsene nell'ombra dietro due finanziarie? Finché,
passin passino, siamo arrivati a capo del mistero: dietro c'è, come
dicevamo all'inizio, il gruppo di Francesco Polidori, fondatore del
Cepu. Come mai tanta riservatezza? Chissà, perché forse qualcuno al
ministero avrebbe potuto ricordare non una ma quattro sentenze dell'Autority
per pubblicità ingannevole. L'ultima è di tre anni fa.