L'ultima esecuzione: due uccise perché non
avevano abbandonato le lezioni
In pochi mesi bruciate decine di scuole frequentate dalle bambine
afgane
Afghanistan: l'eccidio delle insegnanti
cinquanta uccise nell'ultimo anno.
Gaia Giuliani, la Repubblica dell'11/12/2006
Cinque persone della stessa famiglia sono
state uccise due giorni fa, a colpi di arma da fuoco, nella loro casa
nell'Afghanistan orientale. Due lavoravano come insegnanti. Entrambe
erano donne. Un reato gravissimo quando i talebani erano al governo.
Ma forse lo è ancora. Da mesi il presidente Karzai fa pressioni sul
governo affinché venga ripristinato il Dipartimento per la prevenzione
del vizio e la promozione della virtù, creatura del passato regime che
il nuovo vorrebbe riesumare. E che ha già ottenuto larghi consensi e
l'approvazione da parte del gabinetto di Karzai.
Nella sua opera di supervisione e correzione dei costumi il
Dipartimento poteva comminare pene come la lapidazione per donne
sfiorate dal sospetto di adulterio, frustate in pubblico per quelle
che avessero mostrato le caviglie, punizioni corporali per chi portava
i tacchi - fanno rumore e l'arrivo della donna deve passare
inosservato - ma anche il taglio delle dita se trovate con le unghie
laccate. Esempio questo citato anche da Cherie Blair all'indomani del
7 ottobre 2001, in un incontro organizzato a Downing Street con una
rappresentanza femminile dell'Afghanistan. Anche il veto di svolgere
lavori al di fuori di quelli casalinghi, e la proibizione tassativa di
ogni tipo di istruzione era un suo diktat.
Un passo indietro il ritorno del Dipartimento, un passo avanti per
frenare la corruzione morale del momento secondo le frange
fondamentaliste. Perché l'Afghanistan è dilaniato dalle
contraddizioni: nella provincia del Kandahar, al confine col Pakistan
delle madrasse talebane, e dove germogliò il movimento taliban, il
commercio di oppio e di alcol ha raggiunto picchi inaspettati, idem
per quanto riguarda la pornografia.
La reazione degli ultratradizionalisti è feroce. Hanno ricominciato a
bruciare le scuole dove studiano le ragazze, ammazzando sotto gli
occhi degli studenti gli insegnati che impartiscono lezioni alle
donne. Secondo un dato rilevato dall'agenzia Reuters alla fine di
novembre, quasi 100 donne del Kandahar avrebbero tentato il suicidio -
dandosi fuoco o ingerendo veleno - nel corso degli ultimi otto mesi.
L'omicidio delle due insegnanti si inserisce in questa recrudescenza
fondamentalista. Tra il 2005 e il 2006 circa cinquanta insegnanti
donne sono state uccise da sicari legati ad ambienti talebani. In un
rapporto stilato da Human Right Watch un paio di mesi fa, si legge che
gli attacchi incendiari alle scuole sarebbero in netto aumento in
tutto il paese, terrorizzando le famiglie che preferiscono tenere i
figli a casa. Le conseguenze, sempre secondo Hrw, sono che la maggior
parte delle bambine che avrebbero accesso alla scuola primaria non
viene iscritta, mentre solo il 5% delle adolescenti frequenta le
superiori.
Secondo uno studio dell'Unifem, il fondo delle Nazioni Unite dedicato
allo sviluppo femminile nel mondo, il 65% delle vedove di Kabul vede
nel suicidio l'unico mezzo per sottrarsi alla repressione maschile
nell'Afghanistan post talebana. Lo stesso documento ha rilevato come
la maggior parte delle afgane siano vittime di violenze sessuali,
violenze inaspritesi nel corso degli ultimi cinque anni. Una voce
contro gli abusi, contro i finanziamenti americani alle madrasse,
foraggiate per controbilanciare l'ingerenza sovietica nel paese, era
quella di Meena che nel '77, a vent'anni, creò il Rawa (Revolutionary
Association of the Women of Afghanistan), il primo movimento a difesa
dei diritti delle donne.
La ammazzarono dieci anni dopo, dopo che era riuscita a fondare scuole
in cui era ammessa la presenza femminile e centri di accoglienza. La
sua associazione si batte ancora per il riconoscimento delle pari
opportunità ma, lamentano le sue discepole, è ancora impossibile
aprire una sede del Rawa anche solo a Kabul, la capitale "libera"
dalle strettoie integraliste in cui le donne possono lasciare a casa
il velo a differenza di quanto accade nei villaggi o al sud. E' stata
Rawa a diffondere il filmato dell'uccisione di Zarmeena, la donna
afgana ammazzata con un colpo di kalashnikov all'interno di uno stadio
mentre i sette figli guardavano l'esecuzione dagli spalti.
In una sua poesia Meena, che aveva lasciato l'università per la causa
in un periodo in cui le donne potevano ancora frequentarla, si
definiva "la donna che si è svegliata, la donna risorta e divenuta
tempesta fra le ceneri dei miei figli bruciati". Time Asia l'ha
inclusa tra i 60 eroi storici scelti per festeggiare il suo
sessantesimo anno di vita insieme al Mahtma Gandhi, al Dalai Lama e a
Madre Teresa di Calcutta, ma la sua bufera è ancora sospesa sul cielo
dell'Afghanistan liberato dai talebani.