Da ieri iniziata la punizione per i quattro
studenti di Torino
che picchiarono il ragazzo autistico e mandarono le immagini sul web
Con i "bulli" a pulire i gabinetti
dal videochoc alla rieducazione.
Maurizio Crosetti, la Repubblica del
13/12/2006
PER RICOMINCIARE, questo gabinetto va
benissimo. "Qualcuno ha regalato le salviette che usi: non sprecarle"
c'è scritto col pennarello sopra il lavandino. Il gabinetto, Luca,
Giacomo, Giulia e Gianluca lo laveranno e lo spazzeranno per un anno,
poi passeranno in cucina. Faranno i camerieri, i cuochi, i lavapiatti.
Rimetteranno a posto le stanze, i letti e un po' di loro stessi. Anzi,
hanno già cominciato, ieri mattina. I quattro del pestaggio al ragazzo
autistico, filmato a scuola con la videocamera digitale e lanciato su
Internet.
Sospesi fino a giugno dall'Istituto "Albe Steiner", chiusi in casa per
un mese, pieni di vergogna e chissà quali pensieri. Ma adesso bisogna
riprendere a vivere, e darsi un senso.
Magari il senso si può trovare qui, nell'ex arsenale di Borgo Dora che
è la sede del Sermig di Ernesto Olivero, l'ometto che Giovanni Paolo
II amava. Sul portone ci sono due bandiere della pace e una piccola
targa che racconta il luogo come un "monastero metropolitano". Nel
cortile coperto, ceste di abiti vecchi che qualcuno ha donato.
"Viviamo di Provvidenza e cerchiamo di fare bene il bene, altrimenti è
meglio lasciar perdere" dice Olivero con una voce che è un sospiro.
Qui davanti, ieri mattina alle nove si sono fermate quattro
automobili, ne sono usciti quattro sedicenni e i loro genitori, il
primo ragazzo ha suonato il campanello imbacuccato nella sciarpa,
perché faceva un freddo boia. Gli altri dietro, silenziosi. Uno di
loro, all'uscita, dirà: "Abbiamo sbagliato, però non siamo dei mostri.
E qui abbiamo trovato qualcuno che vuole aiutarci".
I quattro sono entrati nello stanzino del ricevimento, quello con il
piccolo presepe in legno e i volontari che arrivano da esperienze
diversissime, la droga, l'alcol, il carcere. Sulle mensole, vasetti di
miele millefiori. Sul banco, un segnalibro con la foto di una viola
dentro un bossolo di mitragliatrice. Sul tavolino, il disegno di una
bambina che addobba un cactus come un albero di Natale. Sul muro, un
poster con due frasi: "Il futuro sei tu". "Giovane amico, oggi c'è
bisogno di te per cambiare il mondo".
E il mondo si comincia a cambiare pulendo bene i cessi. "Lo facciamo a
turno, lo faccio anch'io" dice il fondatore del Sermig che deve
proteggere i ragazzi, tutti, non solo i quattro dello Steiner. "Questa
si chiama casa del silenzio, capirete il nostro bisogno di
riservatezza. Non abbiamo preparato programmi speciali di recupero per
nessuno, i giovani da aiutare sono tutti uguali, ci chiedono severità
e verità, vogliono che si indichi loro un significato. Per prima cosa,
bisogna mantenere pulita e ordinata la casa, sono migliaia di metri
quadrati".
Qui la sera bussa chi non ha un letto, a pranzo viene chi ha fame. Un
dormitorio maschile, uno femminile. La mensa dei poveri. Un
poliambulatorio medico. Una scuola di restauro antico e un'altra di
musica. Luca, Giacomo, Giulia e Gianluca hanno trascorso il primo
giorno del loro percorso di recupero stabilito dalla scuola
(l'inchiesta penale è in corso, i tempi si prevedono lunghi, l'accusa
è violenza privata) conoscendo il luogo in cui lavoreranno - la parola
rieducazione è brutta - per tutto l'anno. Poi, potranno scegliere cosa
fare, chi aiutare e perché. Tra progetti di cooperazione
internazionale con 127 paesi e mansioni minime ma essenziali,
toccheranno con mano quella diversità che hanno offeso in un giorno
assurdo. "Vogliamo che i ragazzi capiscano che la diversità è un
valore" spiega Cosimo Palumbo, l'avvocato di Giacomo. "Sono stati
chiusi in casa per un mese, ma con la riprovazione e l'esclusione
sociale non si recupera nessuno".
Dove si costruivano bombe, ora si progettano persone dentro stanze
sobrie e luminose. Chi vuole prega, però non è indispensabile. Non si
manda via chi non crede, l'importante è che ami. "La bontà è
disarmante" c'è scritto all'ingresso, ed è una frase che ricorre
nell'Arsenale della pace.
"Lì dentro è tutto ok" ha detto uno dei ragazzi, quando i genitori
sono tornati a riprenderli. Erano le cinque del pomeriggio, le
bancarelle del mercatino di Natale tutte illuminate. "Sarebbe bello
poter lavorare qui, e insieme tornare a scuola. Anche perdendo l'anno,
non importa". Hanno voluto cominciare subito, e il primo giorno è
volato. Gli altri ragazzi non li hanno trattati in modo speciale, qui
ognuno ha la sua storia e ne fa tesoro, anche le più tremende, come
quella di Nicola che vent'anni fa era stato mandato a Olivero dal
tribunale come malato di Aids senza speranza, invece ha cominciato a
sperare, lui, e non è ancora morto né dentro né fuori.
"Ci sentiamo ascoltati e non giudicati, nessuno ci guarda più di
traverso" dice la mamma di Giulia. "È una vicenda terribile per tutti,
conosco bene la famiglia del ragazzo autistico, ho chiamato più volte
i genitori per chiedere perdono anche se la vergogna resta".
Stamattina, ore nove, si ricomincia. Ci sono ancora un sacco di cose
da rimettere in ordine. E tantissime salviette da non sprecare.