Il silenzio del Miur sugli insegnanti inidonei.
Nicola Mondelli, da ItaliaOggi del
25/4/2006
Il
ministero dell'istruzione tace sui docenti inidonei collocati fuori
ruolo. Sono circa 5 mila gli insegnanti collocati fuori ruolo e/o
utilizzati in altri compiti perché dichiarati inidonei per motivi di
salute all'esercizio della funzione docente
Su questi, alla luce di quanto dispone l'articolo 35, comma 5, terzo
periodo, della legge n. 289/2002, continua a pendere la spada di
Damocle di una risoluzione del rapporto di lavoro se entro i cinque
anni dalla data di collocamento fuori ruolo non saranno transitati in
altro ruolo sia dell'amministrazione scolastica sia di altre
amministrazioni dello stato o di enti pubblici non economici; non c'è
ancora alcuna disposizione ministeriale che disciplini, per tutto il
territorio nazionale, le modalità e i tempi per chiedere di transitare
nelle altre amministrazioni e indichi quali potrebbero essere le
conseguenze di un eventuale non accoglimento della domanda di
passaggio.
La mancata emanazione di disposizioni applicative della citata norma
di legge non ha consentito alla maggior parte dei docenti inidonei di
assumere, con cognizione di causa, una qualsiasi iniziativa
finalizzata, appunto, al passaggio nei ruoli della stessa
amministrazione scolastica oltre che in quelli di altre
amministrazioni dello stato o di enti pubblici non economici.
In questo contesto una recente iniziativa assunta dall'ufficio
scolastico regionale per il Veneto, e di cui ha dato notizia IO
nell'edizione di martedì scorso, rischia, se non interpretata
correttamente, di disorientare sia i docenti inidonei in servizio del
Veneto sia quelli in servizio nel resto del territorio nazionale e
aumentare in misura esponenziale le loro preoccupazioni per un futuro
incerto.
Finalità dell'iniziativa del predetto ufficio scolastico non sembra
essere quella di supplire alle carenze ministeriali in tema di
regolamentazione delle norme contenute nel su citato articolo 35
quanto quella di ricordare ai docenti interessati che, poiché nei loro
confronti non sussiste alcun divieto di mobilità verso altre
amministrazioni, divieto viceversa imposto dalla legge finanziaria
2005 al personale non collocato fuori ruolo, hanno l'opportunità di
presentare entro domani la domanda di mobilità intercompartimentale
come disciplinata dall'articolo 30 del decreto legislativo n.
165/2001. Un'opportunità, quindi, e non un obbligo strettamente
connesso al possesso dei requisiti per evitare la risoluzione del
rapporto di lavoro. Non cogliere l'occasione offerta dalla legge n. 30
dicembre 2004, n. 311, che esclude dal divieto di mobilità verso altre
amministrazioni dello stato i soli docenti dichiarati permanentemente
inidonei alla funzione docente, non potrà impedire agli interessati di
beneficiare delle disposizioni che il ministero dovrà un giorno o
l'altro emanare per dare esecuzione a quanto prevede il comma 5
dell'articolo 35. Due sono principalmente le considerazioni che
inducono ad affermare quanto appena sostenuto.
La prima riguarda la non possibilità, utilizzando l'istituto
disciplinato dall'articolo 30 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, di
chiedere il passaggio in altro ruolo dell'amministrazione scolastica,
possibilità prevista invece espressamente dal più volte citato comma 5
dell'articolo 35.
La seconda attiene al trattamento giuridico ed economico che spetta a
chi, utilizzando la normativa di cui al predetto articolo 30, ottiene
il passaggio ad altra amministrazione dello stato. Il comma
2-quinquies dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 165/2001
dispone in merito che "salvo diversa previsione, a seguito
dell'iscrizione nel ruolo dell'amministrazione di destinazione, al
dipendente trasferito per mobilità si applica esclusivamente il
trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio,
previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto della stessa
amministrazione". Una disposizione che non può trovare letterale
applicazione nei confronti dei docenti inidonei costretti, per evitare
un'ingiusta risoluzione del rapporto di lavoro, ad accettare
eventualmente un passaggio in un ruolo senza la garanzia di poter
mantenere il trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti
collettivi vigenti nel comparto dall'amministrazione di provenienza.