Bulli a 10 anni.

«Mamme, non difendeteli».

Lo psicologo: troppe bande già alle elementari, patto antiviolenza genitori-prof

Armando Stella Il Corriere della Sera, 11/4/2006

 

«Mamma, non sto bene». L’incubo finisce ogni mattina con una «scusa». Dolori addominali, febbre, nausea. Segnali da interpretare. Il malato immaginario ha 9 anni e non vuole andare a scuola. La spinta dei buoni voti è schiacciata dalla paura dei bulli di classe. La stima delle maestre azzerata dalla vergogna per le prese in giro dei compagni. La serenità spezzata da piccoli ricatti («dacci la merenda o non ti lasciamo in pace»). «Stiamo assistendo a un’anticipazione del fenomeno dei gruppi, delle "bande": dalla seconda media alla quarta-quinta elementare», spiega Gustavo Pietropolli Charmet, docente di psicologia dinamica. E le vittime sono «designate». Bambini «timidi e troppo dipendenti dagli adulti». Paralizzati da «un’immaturità affettiva che spesso coincide con un’importante maturità intellettuale», sottolinea Charmet. Per questo, quando si sentono «umiliati e mortificati dai coetanei, i bimbi non riescono a confidarsi con la famiglia e cadono in una depressione narcisistica».

I bulli detestano le spie e le puniscono. La «piccola mafia» controlla bagni, corridoi, cappotti, merendine. Chiede il pizzo per garantire protezione (merendina o 50 cent al giorno), amministra «giustizia e vendetta privata» (prove di forza e obbligo di denudarsi). Ed è in questa situazione che «spesso i genitori si accusano, difendono a oltranza i loro figli, vittime o aggressori che siano». Errore, perché «le famiglie vivono lo stesso problema, seppure da punti di vista opposti. Per riconsegnare alla scuola "l’amministrazione del territorio" - conclude Charmet - è necessaria un’alleanza tra genitori e insegnanti».

Poche settimane fa, tema in classe. Due righe nascoste tra le altre, scene da Terkel in trouble : «Nel giardino della scuola succede che...». Il disagio emerge così, oppure nelle conversazioni con lo psicologo dell’istituto, uno zio, un amico estraneo alla famiglia. «Ma l’insegnante è il miglior osservatore di queste piccole azioni di mobbing : sia chiaro, non tutto avviene dietro l’angolo. Piaccia o no, la scuola deve affrontare queste situazioni», aggiunge lo psicoterapeuta Fulvio Scaparro. Anche in considerazione degli strascichi che queste esperienze lasciano sulla crescita dei bimbi: «Se non affrontati, sia l’aggressività dei bulli sia l’arrendevolezza delle vittime diventano caratteri del comportamento su cui si può intervenire con difficoltà», conclude Scaparro.

Le ultime ricerche dicono che «le vittime dei bulli hanno bassi profili di autostima», spiega Simona Caravita, collaboratrice del Centro di ricerca di tecnologia dell’istruzione dell’Università Cattolica e autrice del libro «L’alunno prepotente». Dunque? «I genitori devono supportare l’autostima del proprio figlio con soluzioni costruttive e non violente». Ad esempio, «valorizzando i suoi punti forti nella scuola, nello sport, nella percezione del suo corpo». Ripartire dai pregi per uscire dall’incubo.