Ultimi giorni per le nuove superiori
Cresce il numero di regioni che dice no alla
sperimentazione
da
ItaliaOggi del
6/9/2005
Quella di Letizia Moratti è ormai una corsa
contro il tempo. Scade infatti il 17 ottobre prossimo, salvo nuove
deroghe, la delega al governo per il riordino della scuola secondaria
superiore secondo la distinzione tra licei (otto con relativi
indirizzi) e istruzione-formazione professionale. Salvo deroghe, entro
quella data tutti i decreti attuativi inerenti alla riforma del
secondo ciclo, e licenziati in via preliminare dal consiglio dei
ministri il 27 maggio scorso, dovrebbero essere approvati. Ma numerose
sono le incognite che ancora gravano sulla decisione finale del
consiglio dei ministri: dalla garanzia di una copertura economica che
il ministero dell'economia continua a lesinare ai pareri delle
commissioni cultura di camera e senato nonché a quello della
Conferenza stato-regioni atteso per il 15 settembre. Appuntamenti
dall'esito incerto che hanno spinto il ministro dell'istruzione a
forzare la tabella di marcia e a chiedere, già a partire da quest'anno
e prima del riassetto definitivo previsto per il 2006-2007, l'avvio
della sperimentazione "laddove ci siano le condizioni per farlo".
A tal fine, il ministro ha già richiesto il parere, obbligatorio ma
non vincolante, del Cnpi, il Consiglio nazionale della pubblica
istruzione il cui pronunciamento dovrebbe arrivare entro metà
settembre. Un'ennesima incognita: solo a giugno, infatti, il Cnpi
aveva definito il decreto di riordino del secondo ciclo del sistema
educativo "incompleto e inadeguato" e congedata come del tutto
"aleatoria se non addirittura velleitaria" la previsione di avviare la
riforma a cominciare dall'anno scolastico 2006/2007. È difficile
credere che in soli tre mesi il Cnpi si sia del tutto ricreduto.
Ma il vero scoglio da superare resta quello delle regioni che, il 28
luglio scorso, avevano giudicato il decreto "lesivo delle competenze
loro attribuite dalla Costituzione" chiedendone il ritiro e che oggi
affilano le armi contro la sperimentazione.
Nell'occhio del ciclone, in primo luogo, il passaggio alle regioni
dell'intera gestione economica della formazione professionale i cui
costi, attualmente, sono coperti all'80% dal fondo sociale europeo e
solo per l'11% dalle regioni: "Quando la formazione sarà a regime", ha
spiegato Silvia Costa, assessore scuola della regione Lazio e
coordinatrice della Conferenza stato-regioni, "il fondo sociale verrà
ritirato con conseguenze disastrose per noi che ci dovremo accollare
tutti i costi".
E con conseguenze disastrose, conviene sottolineare, per l'intero
sistema della formazione e istruzione professionale che rischia di
venire emarginato a vantaggio del sistema dei licei la cui gestione
economica rimarrebbe affidata al ministero. Numerose critiche vengono
sollevate dalle regioni anche in merito a una sperimentazione che
ignorerebbe del tutto la modifica del titolo V della Costituzione,
quello che proprio alle istituzioni periferiche demanda la competenza
esclusiva sull'offerta formativa.
E in prima linea, dopo Toscana, Piemonte, Umbria e Molise, in una
lista che si allunga ogni giorno di più, è scesa adesso anche la
Campania, la cui giunta regionale, su proposta dell'assessore
all'istruzione e formazione Corrado Gabriele, ha impartito
disposizioni affinché per gli anni scolastici 2005/2006 e 2006/2007
"non vengano effettuate variazioni né all'offerta formativa, intesa
come istituzione di nuovi percorsi sperimentali, né ai percorsi di
istruzione e formazione professionale".
La regione Campania ha inoltre ribadito il rifiuto del doppio canale e
la rottura "dell'unitarietà del sistema educativo scolastico",
sottolineando i pericoli di "uno sconfinamento di competenze da parte
dello stato".
Il verdetto della Conferenza stato-regioni verrà emesso il 15
settembre, quindi le commissioni cultura di camera e senato avranno a
disposizione 60 giorni di tempo per esprimere anche il loro parere.
Intanto, a gennaio, scade il tempo utile per le prescrizioni ad una
scuola secondaria di cui si sa ancora troppo poco.