Gli insegnanti si ammalano di più degli impiegati e degli operai.
Per molti è una professione frustrante. Cinzia Guarnieri, da Libertà del 14/9/2005
L'insegnamento è un lavoro frustrante, i professori si ammalano 2 volte più degli impiegati e 3 volte di più degli operai. Lo dice uno studio condotto da medici dell'Inpdap e da un'Ausl di Milano insieme con l'Università. I professori soffrirebbero di disturbi psicologici, psicosomatici e depressione. La colpa sarebbe dei rapporti difficili con studenti e genitori; la scarsa considerazione sociale; gli stipendi bassi rispetto alle responsabilità; le classi numerose; il bullismo; il precariato; i conflitti con i colleghi, i tagli alle risorse; l'introduzione del lavoro d'equipe; le continue riforme e la mancanza di risorse per l'aggiornamento professionale. Anche gli insegnanti piacentini lamentano situazioni di stress, e non si tratta delle solite lamentele di inizio anno scolastico. «Nei giovani c'è una diseducazione progressiva - dice Bernardo Carli, preside del liceo artistico -. Gli insegnanti si trovano a lavorare su più settori, devono affrontare situazioni di disagio sociale: il bullismo, la droga, l'anoressia, le stragi del dopo discoteca, i sassi dai cavalcavia. E sono pagati poco. Il precariato è uno stress comune a tutte le professioni, l'insegnamento era un porto sicuro, adesso è un'incognita. Il vero problema è che la scuola è la cenerentola d'Italia, su di lei si investe poco e male. Le riforme sono fatte a tavolino e non negoziate, c'è volontà di imporre e non di dialogare e così l'insegnante è relegato a un ruolo subalterno e acritico anziché di intellettuale». «In Italia c'è scarso riconoscimento sociale, ma gran parte della colpa è degli insegnanti che non sono motivati - racconta Michela Vignola, professoressa di lettere -. Se lavori di più, lo stipendio non varia. Bisognerebbe fare carriera. E' scontro tra chi è attivo e chi non fa nulla, ma è così in tutte le professioni». Sono due le contestazioni mosse da Manuela Fava, professoressa di spagnolo: «Siamo sempre responsabili e attenti ai diversi problemi degli studenti, ma gli stipendi italiani sono tra i più bassi d'Europa. Una riforma scolastica seria poi, dovrebbe andare al di là dei cambi di governo, dovrebbe essere bipartisan». Nessun insegnate piacentino lamenta conflitti con i colleghi, difficoltà nel lavoro d'équipe o questioni legate agli istituti in sé, tutti però riconoscono che si spendono molte parole su quanto sia importante la scuola ma, nei fatti, la Stato taglia i soldi. «Insegno dal 1974 e mi piace molto. Non ho mai fatto assenze - dice Maurizio Pavesi, professore di matematica -. Se il lavoro piace, si sopporta tutto. Per quanto riguarda lo stipendio, nessuno è mai soddisfatto dei soldi che prende. Non è questo il problema. Il fatto è che la scuola non ha forza politica né economica, bofonchiamo un po', ma non blocchiamo le strade con i cortei perché hanno tagliato i fondi. Se scioperiamo ci attaccano i genitori, che ci vogliono insegnanti ed educatori. Io non mi sono mai ammalato: lavoro 18 ore la settimana, ho le vacanze estive, di Pasqua e Natale, ci sono anche i lati positivi. Ieri mi ha fermato una ragazza che 20 anni fa era mia alunna a Bobbio, per salutarmi: questa è una grande soddisfazione». «E' vero, gli insegnanti si ammalano più di tutti - dice Fulvio Vassallo, del sindacato Gilda - è colpa dei troppi cambiamenti. La figura degli insegnanti è decaduta». «Se il lavoro piace, non importa se è mal pagato. Se non piace quel che si fa, subentra la depressione - spiega Massimo Frulla, psicologo -. Spesso gli attacchi alle istituzioni nascondono le nostre frustrazioni. Si sceglie un mestiere, soprattutto quello statale, perché è tranquillo e sicuro, però magari non è il mestiere che fa per noi. Così si somatizza e ci si ammala. Ma questo succede in tutti i mestieri». |