Di Menna:

Per cambiare serve chiarezza.

da ItaliaOggi del 6/9/2005

 

La riforma della scuola secondaria, e la possibile sperimentazione, stanno determinando uno scontro istituzionale governo-regioni che lascia le scuole in una grande incertezza. Un'incertezza che fa male alla scuola, a chi vi lavora e agli studenti. Rimangono senza risposta le seguenti domande:

- che fine fanno gli attuali istituti professionali?

- quali degli attuali istituti tecnici confluiranno nei licei tecnologici?

- come sarà possibile per i ragazzi scegliere a gennaio, in tale contesto, un percorso di studi?

- come si realizzeranno i campus tra licei statali e istituti professionali di competenza regionale senza intesa governo-regioni?

- il personale docente e Ata, che oggi è alle dipendenze dello stato, come è coinvolto nei piani di passaggio alle regioni, con quali procedure e garanzie?

- quali sono le competenze delle regioni e dello stato in materia di istruzione?

La Uil continua a proporre di lavorare con buon senso e responsabilità. Fermare i motori nell'approvazione del decreto e aprire, anche attraverso un confronto triangolare governo-regioni sindacati una discussione per costruire una riforma della secondaria, di cui l'Italia è in attesa dal 1963, condivisa e partecipata. È molto forte il dualismo tra sistema dei licei e formazione professionale, la scelta, tra i due canali, a 13, 14 anni è davvero precoce; occorrerebbe un sistema scolastico nazionale obbligatorio fino a 16 anni e garantire per l'istruzione tecnica e professionale, anche con un sistema integrato, una buona istruzione di base unitamente a competenze spendibili sul mercato del lavoro con stage e alternanza con il lavoro.

Il sistema scolastico deve rimanere nazionale. Sarebbe un pasticcio prevedere tanti sistemi quante sono le regioni. La modifica del titolo V ha introdotto un sistema di competenze concorrenti che non funziona. Ancor peggio sarebbe la devolution esclusiva alle regioni. Il sindacato, in ogni caso, non può restare fuori dalle decisioni. È impensabile affidare tutte le decisioni alle sentenze della Corte costituzionale, sede chiamata a dirimere i conflitti stato-regioni. Siamo determinati ad avere tutte le garanzie per il personale (il decreto prevede possibili esuberi non ben definiti da gestire con riconversione e senza certezza nella utilizzazione) che è alle dipendenze dello stato e tale deve rimanere, e chiediamo con urgenza l'immediata apertura di un confronto triangolare.