Graduatorie: il ricatto del punteggio post-laurea per i precari. dall'AIP, 22/9/2005
Impietosa cronistoria
dei Master necessari ai precari per conservare la propria situazione
in graduatoria. È noto che la tabella di valutazione dei servizi e dei titoli per la rideterminazione e l’aggiornamento dei punteggi delle graduatorie permanenti per il personale docente allegata alla Legge 143/2004 introdusse la valutazione di titoli di studio post-laurea quali il dottorato di ricerca, valutato 12 punti, e i corsi di perfezionamento e master, premiati inizialmente entrambi con 3 punti. Al punteggio conseguito in questo modo veniva stabilito un tetto di 30 punti. La Gilda degli Insegnanti, e tutte le organizzazioni di insegnanti precari, da subito denunciarono il meccanismo perverso cui tale articolo di legge dava il via: i colleghi precari sarebbero stati costretti a iscriversi a corsi e corsetti, non per guadagnare punteggio e salire in graduatoria, ma unicamente per conservare la posizione evitando di essere sorpassati. In seguito alle denunce delle associazioni di insegnanti precari sulla iniziale mancanza di vincoli alla frequenza di più corsi contemporaneamente e la conseguente corsa all’incetta di titoli (cfr. il documento “Sui corsi di perfezionamento, ai Rettori delle Università” del 5 ottobre 2004 su www.precari.org), ci fu, da parte del Consiglio Universitario Nazionale e del Ministero, un soprassalto di serietà sulla validità dei corsi stessi: fu stabilito che fosse valutabile un solo corso per anno e che dovesse corrispondere a 1500 ore, cioè 60 crediti; oltre a ciò fu ridotto da 3 a 2 punti il punteggio per i corsi che nell’intestazione non riportassero la magica parola american-morattiana “master” (cioè i corsi di perfezionamento). Le Università si affrettarono ad adeguare in fretta i corsi già cominciati con qualche dispensa decotta e soprattutto un’integrazione in denaro a carico dei corsisti. Nonostante le correzioni, il meccanismo punti-in-cambio-di-corsi non poteva che affermare il perverso principio che la posizione in graduatoria dipende sempre meno dai titoli di servizio e sempre più dalla disponibilità di denaro. Significativo il titolo del documento del MIIP (Movimento Interregionale Insegnanti Precari) del 14 febbraio 2005: “Siate onesti, vendeteci i punti”, che terminava proprio con l’invito provocatorio al Ministero di mettere in vendita i punti, “un modo molto più onesto di trattare i precari e certo molto meno ridicolo del tentare di spacciare per formazione ciò che è solo misera mercificazione di un posto di lavoro precario”. Notiamo inoltre che la corrispondenza tra costi e punti è perfettamente coerente con le premesse merceologiche: i corsi di perfezionamento (come quelli della For.Com a Roma) sono stati venduti a 700 euro, i master (come quelli del consorzio Iad-Baicr a Roma) a 1000 euro; evidentemente i punti costano 350 euro l’uno, quindi 2 punti costano 700 euro, 3 punti 1000 euro (con un doveroso sconto di 50 euro). Quanto alla presunta serietà dei corsi, basta un semplice calcolo per dimostrare che la clausola delle 1500 ore non può essere stata rispettata da nessuno: sarebbero 5 ore al giorno per 300 giorni; iscrizioni chiuse a ottobre-novembre, corsi iniziati a dicembre-gennaio, esami conclusi entro aprile… fatevi due conti: le ore non ci sono. Non vogliamo poi tacere della qualità intrinseca dei corsi, dei loro contenuti (materiali peraltro inviati per posta elettronica a costo zero per le Università); abbiamo analizzato i materiali di studio di un master obiettivamente molto serio, firmato da noti professori universitari, il master in “Didattica della lingua e della cultura latina” del Consorzio Iad-Università degli Studi di Roma Tor Vergata e Baicr. Si tratta di sedici moduli che ripropongono argomenti e contenuti che per un laureato in lettere classiche sono già stati ampiamente acquisiti durante il corso di laurea, per non dire dello studio affrontato per la preparazione dei concorsi, e per la preparazione delle lezioni ogni giorno. Valga un esempio che ha del grottesco: nel modulo “Insegnare la sintassi”, nove intere pagine (pagg. 37-45) non sono altro che la ripresa di un capitolo introduttivo riguardante le tecniche di traduzione di un libro di versioni per i licei (per i licei!) del 1986: “Versioni latine” di Sega/Tappi, ed. La Scuola, pagg. 20-28 (il responsabile precari della Gilda di Roma ha raccolto questo materiale e lo rende disponibile a chi voglia verificarlo). Della serietà degli “esami” possiamo farci un’idea dai racconti di chi c’era: ammucchiati in un salone d’albergo, in fila per ritirare la busta, seduti su uno strapuntino a mettere le x con completa libertà di consultare dispense e appunti, nonché di scambiarsi pareri sulle risposte (citazione testuale di un corsista spiritoso: “Il momento più formativo di tutto il corso”), in fila per restituire la busta, e via. All’uscita, un’elegante signorina a dare a tutti il depliant pubblicitario dei corsi del prossimo anno. Una testimonianza completa su www.didaweb.net/fuoriregistro del 10 maggio 2005. Attenzione: non sono accusati i precari che si sono visti attribuiti i 2 o 3 punti, perché nessuno di loro ha avuto una vera alternativa: o chinare la testa, ingoiare la rabbia e sborsare i 700-1000 euro, oppure perdere posizioni in graduatoria. La responsabilità e il peso della vergogna devono cadere interamente sugli autori: i responsabili della politica scolastica di questo governo e la lobby universitaria che ci si ingrassa, perché dalle Università non una voce si è levata a denunciare e opporsi, anzi, si sono tutte affrettate e coalizzate (i consorzi!) a buttarsi sull’affare. L’affare, appunto. Siamo riusciti a conoscere il numero degli iscritti ai master da 1000 euro dello Iad-Baicr a Roma: sono stati 680. Cioè 680.000 euro, un miliardo e trecento milioni di lire. Degli iscritti ai corsi For.Com da 700 euro a Roma non conosciamo i numeri, ma dovrebbero essere 7 o 8 volte di più. E in tutta Italia? Se solo un precario su due ha ceduto al ricatto, a quanto ammonta il business? E per il prossimo anno? Sarà ancora più grande, a giudicare dalle voci ascoltate dopo la pubblicazione delle graduatorie e gli scavalcamenti avvenuti, in occasione delle convocazioni per le immissioni in ruolo e per gli incarichi annuali: come in un perverso girone usuraio, saranno tutti costretti a pagare: quelli che lo hanno già fatto, per tenere la posizione; e quelli che quest’anno ancora non si sono piegati, per non scivolare ancora più indietro. Siamo perfettamente consapevoli che sarebbe velleitario chiedere di eliminare del tutto questa vergogna: troppo grandi sono gli interessi in gioco. La Gilda degli Insegnanti, ben consapevole di questo, nel Libro bianco sul precariato docente propone di portare a 15 punti (attualmente sono 30) il limite cumulabile con i titoli universitari. Ci sembra una proposta realizzabile, priva di costi per le casse dello Stato; vediamo se tra i dirigenti del Ministero e i nostri parlamentari ci sarà chi saprà farsene carico. |