Oggi vertice decisivo per le nuove norme sulle
scuole superiori
Le Regioni contro la Moratti
"Questa riforma non ci piace".
I governatori hanno chiesto al ministro di non
lanciare la sperimentazione
prima di aver trovato un accordo. E minacciano di bloccarne
l'applicazione
Mario Reggio,
la Repubblica del
15/9/2005
Il ministro Letizia Moratti
Ambigua, generica, fumosa. I primi commenti all'ipotesi di riforma
delle secondarie superiori firmata Moratti risalgono al gennaio di
quest'anno, quando venne resa nota la bozza del decreto attuativo, e
dopo nove mesi non sono cambiati. In più, rispetto ad allora, si sono
messe di traverso le Regioni. Tutti i governatori hanno chiesto al
ministro dell'Istruzione di frenare, di non azzardarsi a lanciare la
sperimentazione, e di concordare con loro i punti centrali della
riforma. E dopo mesi di schermaglie, oggi, i nodi verranno al pettine.
La Conferenza unificata Stato-Regioni ha all'ordine del giorno proprio
la riforma delle superiori. Le Regioni chiedono un confronto
approfondito, il ministro ha fretta: il 17 ottobre, infatti, scade
l'ennesima proroga concessa dal Parlamento. E in primavera si terranno
le elezioni politiche. Per Letizia Moratti s'avvicina il momento della
verità, ma senza il consenso dei governi locali, non sarà facile
chiudere la legislatura annunciando che "la prima riforma della scuola
dopo quella di Gentile" è cosa fatta, come ha più volte affermato il
presidente Berlusconi.
Le novità della riforma.
In pillole, la bozza di riforma prevede otto licei, dal classico allo
scientifico, linguistico, artistico, scienze umane, tecnico, musicale
ed economico. Riduce le ore di lezione delle materie specifiche nelle
ex scuole tecniche, introduce due ore di filosofia a settimana nelle
ultime tre classi dei licei, introduce una non specificata
"personalizzazione" dei programmi didattici, divide i cinque anni in
due bienni ed un ultimo anno nel quale diminuiscono drasticamente le
ore di lezione e si introduce l'orientamento all'università. Su un
altro binario viaggia la scuola professionale, che verrebbe "concessa"
alle Regioni, divisa in quattro anni obbligatori ed un ultimo
opzionale, al quale accederà solo chi vorrà proseguire gli studi
all'università.
Perché le Regioni chiedono al ministro di concordare con loro la
riforma? In primo luogo i governi locali non sono mai stati chiamati
in causa, ed ora che i tempi si stringono, da viale Trastevere
chiedono solo un parere non vincolante, in cambio della gestione
diretta delle professionali, che rischiano di trasformarsi in un
canale scolastico di serie B.
Cosa contestano le Regioni.
Cinque le questioni che le Regioni pongono come pregiudiziali. Primo.
Oggi le famiglie e gli studenti sanno che ad un diploma corrisponde
una professione. Nel decreto resta un mistero. Secondo: le iscrizioni
si aprono a gennaio del 2006, e chi si iscrive ad esempio a Ragioneria
farà il Liceo Economico? Nessuno l'ha capito. Terzo: il decreto non
accenna alle risorse finanziarie. Brutto segno. Quarto: sui programmi
didattici ed orari, quali sono le competenze dello Stato e quali
quelle delle Regioni? Buio pesto. Ultimo punto: la modifica del Titolo
V della Costituzione parla chiaramente della competenza esclusiva
delle Regioni sull'organizzazione scolastica. Il decreto lo ignora. E
le Regioni hanno già posto una condizione preliminare alla discussione
con i tecnici del ministero: nessuna sperimentazione prima della
conclusione positiva dei tavoli tecnici.
Il vertice a Roma.
Oggi il primo passaggio decisivo, dunque. Ed è difficile pensare che
tutti i nodi si sciolgano prima del 17 ottobre quando, ha dichiarato
ufficialmente la Moratti, il testo del decreto arriverà di sicuro in
Consiglio dei ministri per l'approvazione definitiva, prima di
approdare nelle commissioni Cultura di Camera e Senato. Ma le Regioni
hanno già avvisato: se i nodi non verranno sciolti non esprimeremo
nessun parere. E se il ministro tenterà di forzare la mano? Come ha
già fatto la giunta piemontese sarebbero pronte a varare un decreto
che blocca qualsiasi sperimentazione della riforma nelle scuole
superiori.