Suona la campanella per la Moratti.

E poi?

C.I.P. - Comitati Insegnanti Precari, La Tecnica della Scuola del 30/10/2005

 

Suona la campanella per la Moratti. E poi? Sta per suonare la campanella, la più attesa, quella che indica la fine della scuola. Quella dell’era Moratti, s’intende. Quella delle tre “i”: incompetenza, inganno ed ingiustizia. Finisce la scuola dove s’investe meno per avere di più. Quella dove s’impara di più se si frequenta meno. L’hanno riformata perché fosse statale di nome ma regionale di fatto, pubblica anche quando è data in concessione ai privati per farne business. E sebbene citati come diplomifici sono stati finanziati con incrementi del 40%. Si estende a tutti il diritto scolastico ma si separa chi s’istruisce da chi si forma un mestiere; chi può permettersi le attività opzionali e chi no; chi guadagna crediti con i master universitari e chi è sottoposto allo sfruttamento minorile delle azienda. Questa scuola accentua le disparità negando qualsiasi opportunità di riscatto sociale e culturale a chi sa ed ha di meno. In una scuola di stato, resa più classista, bigotta e privatizzata, il ministro della repubblica iscrive in bilancio meno scuole dell’obbligo (9,21%), meno classi (1.206) e meno cattedre (25.936) nonostante il consistente aumento degli alunni (67.716). E che dire degli insegnanti. Ci è stato detto che occorre sostituirli con altri che non siano comunisti ma solo più giovani e preparati. Per formarli l’art.5 della riforma ha coniato il 3+2, formula adeguata più ai discount che agli atenei. Nel frattempo i docenti in ruolo sono diminuiti del 15%, (da 770 a 698 mila) e quelli precari aumentati del 153%, (da 53 a 134 mila). Per invelenire i rapporti tra gli insegnanti hanno cancellato le priorità acquisite negli anni, sottovalutando il servizio e sopravvalutando i titoli. Ma non a tutti. Hanno incentivato il cannibalismo professionale: dapprima, obbligando gli insegnanti in ruolo al full time e spingendoli, poi, allo straordinario che sottrae finanche gli spezzoni orari ai precari. Il ministro s’è attribuita 130.000 immissioni in ruolo pur avendone decretate solo 47.500 e promesse altre 30.000 per quando, forse, farà il sindaco a Milano. Promessa doppiamente illogica: primo, perché è la metà del contemporaneo fabbisogno prodotto dai soli pensionamenti e non risolve quello strutturale degli oltre 100.000 supplenti annuali; secondo, perché impedisce allo stato un risparmio netto di 650 miliardi delle vecchie lire. Dalle promesse ai fatti: si lamenta la presenza di 300.000 precari ma il MIUR autorizza le SSIS a formarne altri 56.846. E’ per tutto questo, e tant’altro ancora, che non vediamo l’ora che suoni la campanella. Ma dopo, cosa ci aspetta? A quale scuola sta lavorando la fabbrica di Prodi? Sarà rilanciata la scuola di tutti e per tutti, quella laica e pluralista? Tornerà ad essere un’agenzia educativa che garantisce pari opportunità ai suoi cittadini, ovunque vivano a da qualunque estrazione provengano? Che ne sarà del tempo pieno, prolungato ed esteso? Verranno ripristinate le regole democratiche in seno agli organi collegiali? Come sarà valorizzata la funzione docente? Sarà tutelata la libertà didattica e incentivato l’aggiornamento? Si ripristinerà la continuità didattica indipendentemente dal vincolo dell’orario cattedra? Sarà incentivata la piena occupazione e, ad un tempo, scoraggiato il cannibalismo professionale dei docenti in ruolo che attraverso le graduatorie e le varie forme di mobilità sottraggono opportunità di lavoro ai precari? Saranno ripristinate le priorità acquisite negli anni? Cesserà il mercimonio di master, stage, perfezionamenti, specializzazioni e quant’altro imposto per non perdere posizioni in graduatoria? La formazione di nuovi docenti sarà subordinata al reale fabbisogno e circoscritto a quelle regioni e quegli insegnamenti che abbiano esaurito le graduatorie esistenti? L’università punterà ancora al profitto o ritornerà a fare ricerca e didattica rispettando l’autonomia della scuola? Sarà monitorata costantemente la compatibilità degli istituti privati con i parametri del sistema scolastico nazionale? Si verificherà il possesso dei titoli, i margini di autonomia e la tutela dei diritti sindacali per i loro dipendenti? In sintesi, ci sarà il coraggio di cambiare o si obietterà, con codardia, che non si riforma la scuola ad ogni cambio di maggioranza?

C.I.P. - Comitati Insegnanti Precari