In tutta Italia mancano fondi per il materiale
didattico. Le feste
di fine anno si trasformano in eventi di "beneficenza" verso gli
istituti
"Sulla modernità solo parole"
appello dalle scuole senza soldi.
Simone Ceriotti,
la Repubblica del
18 ottobre 2005
ROMA - La legge chiede di ampliare l'offerta
formativa, ma la maggior parte delle scuole italiane non ha nemmeno i
fondi per comprare la carta per le fotocopie. Così gli istituti
pubblici si vedono sempre più spesso costretti a chiedere aiuti
economici direttamente alle famiglie. I fondi stanziati dal ministero
(anche quelli per la legge sull'autonomia) sono quasi dimezzati negli
ultimi tre anni e anche i Comuni, soprattutto le grandi città, hanno
ridotto i finanziamenti destinati all'acquisto di materiale didattico.
E' di qualche settimana fa la polemica sulle spese di telegrammi e fax
per informare i precari delle offerte di supplenza. Secondo
un'indagine di Tuttoscuola la ricerca dei supplenti costa circa 110
milioni di euro l'anno: una cifra che grava su comuni e province, ma
che gli enti locali, Roma e provincia di Milano in testa, non
considerano di loro competenza. Negli ultimi giorni, poi, complici
anche gli annunci di ulteriori riduzioni dei trasferimenti nella
prossima Finanziaria, sono i docenti stessi a suonare il campanello
d'allarme, preoccupati per un ulteriore aggravarsi delle condizioni di
insegnamento.
Una denuncia arriva dagli insegnanti di due istituti comprensivi di
Palermo: "Le nostre scuole - spiegano - hanno destinato 20-25 euro
come budget annuo per ogni professore, affinché provveda all'acquisto
di tutto il materiale necessario per il cosiddetto allargamento
dell'offerta formativa (attività extracurricolari). Dalle risme di
carta ai cartelloni, dai libri alle dispense, tutto deve rientrare in
questa cifra, ma è ovviamente impossibile organizzare qualsiasi
iniziativa".
Tutto ciò che è fuori budget, magari anche il tradizionale materiale
di consumo scolastico, è quasi irreperibile: "Se manca una cartina
geografica e noi facciamo richiesta all'inizio dell'anno scolastico,
nella migliore delle ipotesi lo avremo a maggio. Così è veramente
difficile pianificare le attività e stare al passo con le richieste
ministeriali sull'autonomia scolastica".
A Napoli lo stesso allarme è stato lanciato dal presidente della
provincia Dino Di Palma, negli istituti romani la musica non cambia, e
anche al Nord le cose non vanno meglio. Il direttore didattico
dell'istituto di viale Mugello, Gianni Gandola, afferma che a Milano
"è ormai prassi consolidata delle scuole elementari e medie" la
richiesta di un contributo spese alle famiglie: "Fino all'inizio degli
anni '90, il comune forniva anche gli asciugamani per i servizi del
personale. Ora niente. All'inizio di ogni anno chiediamo un contributo
"libero" di 20-25 euro per integrare l'assicurazione regionale e
acquistare materiale di consumo. Inoltre, ogni incontro extradidattico
dei ragazzi con esperti o professionisti esterni viene addebitato alle
famiglie. Ma la scuola di stato non dovrebbe essere gratis?"
Il direttore didattico milanese sostiene che in provincia le cose
vadano un po' meglio: "Nelle città piccole c'è un contatto diretto tra
scuole e amministrazioni, senza contare che nei paesini ogni miglioria
ai servizi degli istituti diventa motivo di vanto per la giunta
comunale. A Milano, invece, un direttore didattico non riesce neppure
a ottenere un incontro con l'assessore".
Da Palermo a Milano, la migliore occasione di autofinanziamento sono
le feste e le mostre di fine anno, in cui docenti e genitori mettono a
disposizione la propria creatività per raccogliere fondi per la
didattica. Ma il sistema dell'istruzione non può certo reggersi solo
su professori e famiglie di buona volontà.