Il salto nel buio della sperimentazione
da
ItaliaOggi del
25/10/2005
Un salto nel buio. A questo porterebbe
l'anticipo della sperimentazione previsto dall'articolo 27 (comma 4)
del decreto sulla secondaria se a decidere di avviarlo dovessero
essere, in questo momento, gli istituti tecnici e professionali. Che
si troverebbero di fronte a un duplice scoglio: quello comune a tutti
e relativo al regolamento sull'autonomia (decreto n. 275/99), che
vieta alle singole istituzioni scolastiche di sperimentare
l'attuazione di nuovi ordinamenti, essendo questa materia di
competenza della legge nazionale, e quello specifico inerente al
rilascio dei titoli professionali in uscita. Tra i passaggi normativi
definiti come propedeutici all'avvio del secondo ciclo, sempre
all'articolo 27 (comma 1, lettera b), si legge infatti che il Miur,
sentita la Conferenza stato-regioni, è tenuto a definire ´le tabelle
di corrispondenza dei titoli di studio in uscita dai percorsi di
istruzione secondaria di II grado dell'ordinamento previdente con i
titoli in uscita dai percorsi liceali di cui al capo secondo'.
Un auspicio di corrispondenza reso difficile dal fatto che molti dei
vecchi titoli sono professionalizzanti ma non così i nuovi e che la
commissione incaricata di rimettere mano al decreto n. 328/2001 sulle
professioni non ha ancora concluso i suoi lavori. Vale la pena
ricordare che tra le professioni prese in esame, oltre a quelle che
richiedono lauree specialistiche, ve ne sono numerose cui sinora
l'accesso veniva garantito semplicemente in base al possesso del
diploma rilasciato dagli istituti tecnico-professionali (geometra,
ragioniere, perito agrario o industriale, tra gli altri). Se tali
istituti decidessero dunque di procedere con la sperimentazione si
troverebbero, da un lato, con un dpr non ancora modificato che
considera ancora validi, perché consoni alla normativa vigente, i
titoli da loro rilasciati. Dall'altro, però, inciamperebbero nella
legge n. 53 che ai nuovi titoli toglie qualsiasi validità: tanto a
quelli dei licei perché, appunto, liceali quanto a quelli propri del
sistema della formazione e dell'istruzione professionale perché
inquadrati in un percorso di studi di durata quadriennale.
A ciò, peraltro, va aggiunto che la prevista trasformazione degli
istituti tecnico-professionali in licei toglierebbe comunque loro la
possibilità di garantire agli studenti il rilascio dei titoli
professionali in uscita e, conseguentemente, qualsiasi sbocco
professionale. Un pasticcio, insomma, dal quale si potrà uscire solo
affrontando al più presto quello che resta il nodo irrisolto della
nuova secondaria: il secondo canale, appunto.