L’appello al presidente: «Con la riforma sulla docenza rischiamo il declino»

Università, i presidi a Ciampi:

non firmi una legge ingiusta.

Anna Maria Sersale, Il Messaggero del 30/10/2005

 

ROMA - Ora l’università bussa alle porte del Quirinale. Il Coordinamento nazionale dei presidi di facoltà invia un appello al presidente della Repubblica Ciampi. Nella lettera i capi delle facoltà parlano di «umiliazione», di «declino» e chiedono di «non procedere alla promulgazione di una legge ingiusta».

Il testo gira in questi giorni negli atenei e sta raccogliendo migliaia di firme. Ecco che cosa hanno scritto i presidi: «Con l’approvazione del ddl Moratti sulla riforma dello stato giuridico dei docenti universitari sta per concludersi una delle operazioni potenzialmente più pericolose per il futuro dell’Università. Sui contenuti della legge è stato espresso ampio e convinto quanto inascoltato dissenso da un vastissimo numero di esponenti del mondo accademico e da tutti gli organi che lo rappresentano. Lo stesso iter che il governo ha scelto per approvarla finisce per rappresentare un colpo alle aspettative dell’Università pubblica: una riforma non per l’università ma contro l’università. I docenti le chiedono di non procedere alla promulgazione di questa legge ingiusta e, secondo la stessa Commissione Affari costituzionali, incostituzionale. Tale legge avrebbe l’effetto di umiliare l’università pubblica, accelerandone in maniera irreversibile il declino».

«La legge manda ad esaurimento il ruolo dei ricercatori - dice Mario Morcellini, preside di Scienze della Comunicazione della Sapienza - E anziché prevedere il passaggio alla terza fascia, come avevano chiesto le università, verranno inquadrati come collaboratori a progetto e al massimo gli si concederà il titolo onorifico di professore aggregato, in una condizione di totale precarietà, con un contratto triennale, rinnovabile una sola volta. Risultato: incentiviamo la fuga dei cervelli». Critici anche i rettori. Dice Guido Fabiani, capo di Roma Tre: «Sono preoccupato per il futuro dell’università italiana, lo vedo nero. Nella nuova legge non c’è innovazione, non ci sono risorse, non c’è ricerca, non c’è merito, non c’è valutazione, non c’è posto per i giovani».

Ma il governo difende la scelta fatta. Il senatore di Forza Italia Franco Asciutti (presidente della Commissione Cultura) ieri a Modena ha illustrato i contenuti della nuova legge sullo status giuridico dei docenti universitari. Asciutti ha parlato di un «ddl che è stato fermo alla Camera per due anni, proprio per assicurare il confronto con tutti i soggetti interessati dalla riforma: studenti, docenti e ricercatori». Lo scontro sarebbe nato dopo le modifiche apportate al testo. Dal quel momento si sarebbero levate contestazioni anche sugli aspetti precedentemente condivisi. L'università italiana, ha sostenuto Asciutti, «soffre di provincialismo. Fino ad oggi i docenti espletavano tutta la loro carriera praticamente all'interno dello stesso istituto; ciò ha creato gravi problemi e favorito i nepotismi. La riforma ha cercato di eliminare questi problemi ed ha accolto in massima parte le richieste della Conferenza dei Rettori».

Intanto, è in arrivo una novità per Giurisprudenza. La Corte dei Conti ieri ha definitivamente registrato il decreto che introduce la laurea “1+4”. «Un percorso di più ampio respiro - afferma Giuseppe Valditara, con delega all’università per An - per la formazione dei giuristi. Chi, invece, dovrà svolgere professioni intermedie avrà l’”1+3”».