Il fisco della Finanziaria.
Silvia Giannini e Maria Cecilia Guerra,
La Voce del
4/10/2005
La manovra per il 2006 che emerge
dalla versione ancora non ufficiale del decreto legge contenente
misure fiscali e del disegno di legge finanziaria, approvati dal
Consiglio dei ministri del 29 settembre, segna l’abbandono della
politica di tagli fiscali che, almeno a parole, ha da sempre
caratterizzato la politica di questo Governo.
Non solo non si procede sulla strada di ulteriori riduzioni dell’Irpef,
ma neppure le imprese ottengono ciò che a più riprese era stato loro
promesso: la riduzione dell’Irap,
che dal
Dpef in poi sembrava dovesse essere il caposaldo della
Finanziaria. Data la grave situazione dei
conti
pubblici, vi è da augurarsi
che non vi siano ripensamenti in sede di discussione parlamentare,
quando assieme alle tentazioni, tanto più forti in periodi elettorali,
di distribuire benefici a famiglie e imprese, tenderanno a riemergere
le sollecitazioni a ricorrere a nuovi condoni.
Un aumento di gettito è invece atteso da una scarsamente definita
lotta all’evasione, una fantasiosa imposta "sui tubi" e un insieme di
prelievi disegnati in modo tale da non toccare gli interessi di nessun
gruppo elettorale.
Cosa resta degli sgravi fiscali
Sul fronte degli sgravi fiscali resta la riduzione di un punto
percentuale dei contributi sociali. Niente di più che una misura di
bandiera, anche nell’ottica di chi ritiene che il taglio del
cuneo fiscale sul lavoro sia la
strada maestra per il recupero di competitività del nostro paese.
Il taglio interesserà in via prioritaria i contributi per gli
assegni familiari. Il
finanziamento di questo istituto dovrà quindi essere garantito dalla
fiscalità generale. Questa scelta mal si concilia con il fatto che gli
assegni familiari non hanno natura universale, ma categoriale, sono
cioè riservati ai soli lavoratori dipendenti (che fino ad ora sono
conseguentemente stati i soli a pagare i relativi contributi).
Fra le nuove agevolazioni introdotte sono da segnalare l’eliminazione
della tassa sui brevetti (che era
stata aumentata con la finanziaria per il 2005). e l’introduzione di
un regime opzionale di tassazione unitaria per le imprese industriali,
dei servizi, turistiche e agricole appartenenti a un medesimo
distretto produttivo.
Vi è poi una litania di proroghe
di vecchie agevolazioni, che di anno in anno continuano a riguardare,
fra l’altro, l’Irap per l’agricoltura (ferma all’1,9 per cento
dall’anno di prima istituzione), le ristrutturazioni edilizie, un
insieme variegato di accise.
Non si tratta di provvedimenti di poco conto: nel loro complesso
l’anno scorso ne era stato stimato il costo in 1,46 miliardi di euro.
Quest’anno vi si aggiunge l’estensione della validità della
clausola di salvaguardia, che
permetterà al contribuente, anche nella dichiarazione 2006, di
scegliere fra l’Irpef attuale, quella del 2002 o quella del 2004, a
seconda di quale sia per lui quella più favorevole (un amichevole
fisco à la carte).
E cosa compare sul fronte degli aumenti
Per quanto il finanziamento della manovra sia ampiamente affidato a
misure di contenimento e taglio sul fronte della spesa, nonché a
un’ennesima entrata una tantum rappresentata dalla vendita di
immobili, la Finanziaria contiene anche inasprimenti di entrata. Si
tratta di un insieme molto vario di misure di non facile
quantificazione, che possono essere divise in tre gruppi.
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Misure di contrasto all’evasione fiscale.
Nonostante il
Dpef avesse individuato nella lotta all’evasione e al
sommerso una delle priorità della manovra, la lettura dei
provvedimenti emanati è, sotto questo profilo, alquanto deludente. In
buona parte dei casi non ci si trova infatti di fronte a vere e
proprie misure, ma a mere enunciazioni di
intenti. In particolare, è previsto un rilancio della
partecipazione dei comuni all’accertamento fiscale (con l’incentivo di
potere trattenere il 30 per cento delle somme riscosse a titolo
definitivo). Con quali mezzi? Con quali competenze? Non si sa. Per ora
ci si limita a prevedere la trasmissione ai comuni di copia della
dichiarazione dei redditi dei cittadini residenti. Si prevedono poi
nuove assunzioni per l’amministrazione del ministero dell’Economia e
delle finanze e per la Guardia di finanza, e l’obbligo, per
quest’ultima, di sviluppare nel triennio 2005-2007 "appositi piani di
intervento finalizzati al contrasto dell’economia sommersa e delle
frodi fiscali, rafforzando il controllo economico del territorio". Si
dichiara infine che il potenziamento dell’attività di accertamento
dell’Agenzia delle dogane reso possibile dalla assegnazione di ottanta
milioni di euro aggiuntivi, avvenuta con il decreto legge 35 del marzo
2005, comporterà maggiori diritti accertati per Iva pari ad almeno 350
milioni per il 2006 (364 e 385 per i due anni successivi).
Utilizzare come fonti di finanziamento della manovra economica
proventi derivanti dalla lotta all’evasione, i cui esiti sono per
definizione incerti, non è mai un’operazione corretta. Ciò è vero, a
maggior ragione, quando le azioni di contrasto sono, come in questi
esempi, definite in termini generici. Sotto questo profilo,
l’esperienza dell’anno scorso dovrebbe servire da insegnamento: la
Finanziaria
2005 prevedeva infatti, per il 2005, 3,5 miliardi di
euro dagli studi di settore, e quasi 600 milioni dal recupero di
evasione nel settore degli immobili. Buona parte degli interventi
regolamentativi che avrebbero dovuto rendere operative le misure
previste non sono però stati ancora adottati.
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La cosiddetta imposta sui tubi:
un’addizionale erariale al canone e alla tassa per l’occupazione di
spazi e aree pubbliche con grandi reti di trasmissione dell'energia.
Per quanto l’importo dell’addizionale e le modalità tecniche della sua
applicazione non siano ancora state definite, si dispone che da essa
derivino maggiori entrate per il bilancio dello Stato non inferiori a
800 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007 e 900 milioni
di euro a decorrere dall'anno 2008. La norma di attuazione dovrà
essere formulata in modo accorto, per evitare le censure comunitarie
che hanno già colpito
l’analogo "tubatico" previsto dalla Regione Sicilia. Si
tratta di un prelievo pensato per tassare indirettamente le rendite di
monopolio di cui godono Eni ed Enel. Meglio sarebbe un’azione di
politica economica finalizzata a evitare la
formazione delle rendite di monopolio, attraverso adeguate
politiche di liberalizzazione e regolamentazione dei settori
energetici, con beneficio per l’intera collettività.
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Una miscellanea di
provvedimenti che insistono su campi già battuti l’anno scorso:
un’ulteriore riforma di giochi e scommesse
(gioco a distanza, estrazioni giornaliere, inasprimento di sanzioni
sui giochi illeciti, ecc.); un’ulteriore stretta (sul fronte sia
dell’Ires che dell’Irap) sulle imprese di
assicurazione; una nuova estensione delle disposizioni
sulla rivalutazione dei beni di impresa
e delle partecipazioni, e così via. Con in aggiunta alcuni interventi
antielusione e antierosione, fra cui una modica riduzione
dell’esenzione concessa alle plusvalenze delle imprese: molto meno di
quanto ci si attendeva dalla annunciata lotta alla speculazione
finanziaria.
Le scelte compiute sembrano quindi, in larga parte, guidate dalla
ricerca affannosa di entrate (vere
o presunte) per fare quadrare i conti, che turbino il meno possibile
il sonno degli elettori. Nessuna modifica strutturale è stata messa in
cantiere: né sul fronte dell’Irpef, dell’Ires, dell’Irap, né per
quanto riguarda il possibile riordino della tassazione sulle "rendite"
finanziarie.
Sarà interessante e necessario, per potere esprimere una valutazione
più precisa, attendere l’attuazione
specifica dei singoli provvedimenti, affidata in larga parte alla
normativa secondaria, e la quantificazione precisa delle attese di
gettito.