Blair chiude le scuole scadenti
Tuttoscuola 9 ottobre 2005
12 mesi. Prima erano 18. Otto anni fa, quando
andò al governo per la prima volta, Tony Blair aveva concesso due,
tre, e anche più anni di tempo, per consentire alle scuole scadenti di
migliorare i propri risultati, valutati dagli ispettori dell’OFSTED
(Office for Standard in Education) essenzialmente sulla base dei
risultati ottenuti dagli studenti nei test.
Ma Blair aveva progressivamente tagliato i tempi, fino all’annuncio,
dato la scorsa settimana dal ministro dell’educazione Ruth Kelly,
dell’ulteriore riduzione a soli 12 mesi. Dopodiché o la scuola (gli
studenti) migliora rispetto all’anno precedente, o viene sciolta e
ricostituita con nuovi dirigenti e docenti, scelti tra quelli che
hanno ottenuto buoni risultati in situazioni difficili.
Una misura drastica, che sarebbe piaciuta a Margaret Thatcher,
antesignana a sua volta di politiche più attente alla domanda sociale
che alla salvaguardia dell’offerta (leggi: dei posti di lavoro degli
insegnanti e dei loro dirigenti). Qualcosa del genere, peraltro,
avviene anche negli Stati Uniti, come stabilisce la legge bipartisan "No
child left behind" (nessun bambino deve
essere lasciato indietro), varata nel 2001.
In quei Paesi c’è un’autorità riconosciuta (distretto, governors delle
scuole, enti locali) che si fa carico delle aspettative dei
genitori-elettori, e svolge un ruolo attivo nella scelta dei capi di
istituto e, insieme a questi ultimi, degli insegnanti. Una realtà ben
lontana dalla nostra.