Spagna:
la scuola di Zapatero scontenta la sinistra . . .
. . . e la destra.
Tuttoscuola del 15 novembre 2005
"Zapatero,
non cercare di ingannarci, la tua legge è uguale a quella di Aznar".
Migliaia di studenti hanno invaso le strade delle più importanti città
spagnole lo scorso 8 novembre raccogliendo l’appello del "Sindacato
degli studenti" a protestare contro le modifiche apportate da Zapatero
al pacchetto di riforme scolastiche varate dal governo Aznar alla
vigilia delle elezioni dello scorso anno, poi conclusesi con la
sconfitta del governo in carica.
Il principale motivo della protesta, sostenuta da uno sciopero
studentesco assai esteso, era costituito dalle troppe concessioni che
Zapatero avrebbe fatto alle scuole private convenzionate, in larga
misura gestite da istituzioni ecclesiastiche. Zapatero si è difeso
sostenendo di non aver aumentato i finanziamenti a queste scuole
rispetto a quanto previsto dal governo Aznar, e di aver agito nel
rispetto della Costituzione, che li prevede. Ma gli studenti, o almeno
quelli che sono scesi in piazza, reclamavano che tutte le risorse
fossero assegnate prioritariamente alla scuola pubblica, che in Spagna
non comprende quella convenzionata, e che la percentuale della spesa
pubblica per l’istruzione salisse "fino
al 7% del PIL", in modo da
consentire l’accesso generalizzato all’università, senza numero chiuso
e senza esami alla fine della scuola secondaria, esami ripristinati da
Aznar e congelati da Zapatero.
A distanza di pochi giorni, però, il 12 novembre, una imponente
contromanifestazione è stata promossa a Madrid, con il sostegno del
partito popolare e di molti vescovi, per motivi opposti, cioè per
sollecitare migliori condizioni di funzionamento per le scuole
convenzionate, che in Spagna danno occupazione a più di 180.000
insegnanti e costituiscono circa il 30% del sistema scolastico
nazionale. E anche per chiedere il reinserimento nei curricoli
dell’insegnamento obbligatorio della religione cattolica, ridotta da
Zapatero a materia facoltativa.