Da domani le prove di conoscenza "Invalsi" Ecco i test per misurare la cultura.
Questionari a 200 mila studenti, ma molti
istituti li rifiutano Bianca De Fazio, la Repubblica del 28/11/2005
Il "manuale del somministratore" parla chiaro: se gli alunni vi chiedono spiegazioni, spiegate loro che non potete darne. Niente "aiutini" da quiz televisivo. Ma soprattutto, niente ragionamenti. Vietato fornire indicazioni, vietato il confronto tra ragazzini, vietato pensare a lungo prima di rispondere. Più o meno il contrario, insomma, delle regole che governano la didattica più illuminata. Tornano, nelle scuole di tutta Italia ed in Campania, i test Invalsi (l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema scolastico) che mettono a confronto le conoscenze degli alunni del paese. Si inizia domani, con le prove di italiano. Poi, mercoledì e giovedì, tocca a matematica e scienze. Oltre 200 mila studenti della nostra regione sono chiamati a misurare la propria cultura in queste tre materie. La loro cultura e la capacità delle loro scuole di trasmettere le conoscenze giuste. Una pratica che già l'anno scorso s'è guadagnata critiche ed ha alimentato polemiche, anche in Campania, dove si sono costituiti comitati di genitori "contro", che nei giorni delle prove non hanno mandato i figli a scuola («un'obiezione di coscienza nei confronti di scelte non condivisibili»), e dove alcuni collegi dei docenti hanno deciso di non somministrare i questionari ai propri studenti. Ma il Miur e l'Invalsi hanno tenuto duro ed hanno riproposto, anche per quest'anno, la "rilevazione degli apprendimenti degli studenti". Solo che stavolta molte scuole, piuttosto che pronunciarsi con determinazione contro i test, e diventare bersaglio degli ispettori ministeriali, hanno aggirato l'ostacolo facendosi beffe delle indicazioni fornite dall'Invalsi per la somministrazione delle prove. Non sono pochi gli istituti, ad esempio, che avendo già da giorni a disposizione i quiz destinati ai ragazzini, glieli hanno sottoposti prima della data stabilita, perché si esercitassero. Di più: qualche insegnante glieli ha tout court consegnati, perché compilassero i questionari con calma, a casa. Quando l'Invalsi esaminerà le loro prove, li scoprirà bravissimi. Avranno voti eccellenti. E le loro scuole potranno vantare standard qualitativi altissimi. Sempre che qualcuno ci creda. Gli istituti più disciplinati si sono invece attenuti alle indicazioni che l'amministrazione stessa ha dato loro, nelle conferenze di servizio: hanno addestrato i bambini ad un tipo di prova altrimenti lontana dalla loro esperienza scolastica. Quesiti a risposta multipla con 3 o 4 risposte, di cui una sola esatta; tempi prefissati e ristrettissimi per ciascuna prova; impossibilità di confronto tra studenti e con gli insegnanti. E c'è chi, oltre ai genitori, ha detto no. Il 73esimo circolo didattico di Bagnoli in testa a tutti. Se n'è parlato più volte in collegio dei docenti. «La nostra scuola ha fatto le prove Invalsi in anni passati, quando erano ancora sperimentali - afferma Olga Mautone, una delle insegnanti della "Madonna Assunta" -. Allora abbiamo sperimentato che non hanno senso, che sono fuori dal contesto, sono estranee alla programmazione di ciascun insegnante, seguono criteri di valutazione che non condividiamo. Di qui la decisione di non farle. Solo un gruppetto di maestre le somministrerà, non perché persuase dell'opportunità di queste prove, ma nella convinzione che siano previste per legge, e dunque non si possano eludere». Proprio sull´obbligatorietà delle prove è braccio di ferro tra il ministero e, ad esempio, i sindacati. Enrico Panini, segretario nazionale della Cgil scuola, lo ripete da tempo: «Le scuole sono libere di decidere se somministrare o meno le prove Invalsi. Se fossero obbligatorie, ci sarebbe una legge che le definisce tali. Ma non ce n'è traccia. Noi siamo favorevoli ad una valutazione, delle scuole e degli apprendimenti, purché, però, siano le scuole stesse ad essere coinvolte in prima persona nel processo». |