SCUOLA Al Rossi convegno regionale della Gilda.

«Da insegnanti diventeremo

impiegati di basso livello».

 Da insegnanti a impiegati di basso livello il passo è breve:
ne sono convinti i docenti della Gilda.

 Laura Pilastro, da Il Gazzettino di Venezia, 25/11/2005

 

Ieri nell'aula magna dell'Istituto Rossi, l'associazione degli insegnanti della scuola pubblica ha dato vita a un convegno regionale dal titolo "Il docente innominato", per affrontare il tema del ruolo professionale che la riforma della scuola sembra assegnare ai docenti. Soprattutto in vista del piano scolastico regionale che la Regione Veneto dovrebbe mettere a punto entro il 31 dicembre. All'incontro erano presenti il coordinatore regionale Gilda degli insegnanti Francesco Bortolotto, Serafina Gnech del centro studi Gilda , Anna Armone, funzionario della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Alessandro Ameli, coordinatore nazionale Gilda degli insegnanti. Mentre l'assessore regionale alle politiche dell'istruzione e della formazione Elena Donazzan, da cui si attendevano molte risposte, non è potuta intervenire a causa di impegni istituzionali. Al suo posto c'era Sonia Barison, dirigente del servizio formazione e orientamento della Regione Veneto. E c'è una altra scadenza che incombe, fanno notare gli insegnanti: «Entro il 30 novembre - precisa Francesco Bortolotto coordinatore regionale Gilda degli insegnanti - scade il termine entro cui il Governo, sentita la conferenza Stato-regioni, dovrà dare indicazioni sulla confluenza degli istituti professionali e tecnici nel nuovo sistema dei licei. In ogni caso noi insegnanti non siamo stati contattati, nessuno ha chiesto il nostro parere. Tuttavia ora la Regione ci avverte che i tempi per l'attuazione della riforma saranno molto lunghi e prossimamente saremo interpellati».

Insomma, se la riforma sembra assegnare all'insegnante la funzione di cardine del cambiamento, di fatto i docenti lamentano un ruolo marginale e sbiadito: «Si parla di spartizione di competenze tra stato e regioni in tema di scuola - aggiunge Bortolotto - ma in realtà non ci si occupa di scuola. Noi insegnanti abbiamo sempre più difficoltà a fornire la cultura dell'insegnamento. E la riforma introduce dei cambiamenti che aggravano questa difficoltà, penso ad esempio al portfolio delle competenze degli studenti. La verità è che si sta tentando di ridurre gli insegnanti a impiegati di basso livello. L'importante, sembra, è che si tengano i ragazzi, mentre la nostra funzione dovrebbe essere quella di fare cultura. È necessario che a chi svolge questa ruolo venga riconosciuto il giusto prestigio. Tutta la riforma punta su questioni metodologiche, mentre è stata svalutata la figura del docente, anche nella sua funzione di valutazione degli studenti. Ora ci sono i debiti scolastici ed è sempre più raro bocciare un ragazzo che magari se lo meriterebbe. In alcuni anni, addirittura, la riforma prevede che non si possa fermare nessuno. Sembra che l'insegnante sia destinato a compilare moduli e abbia perso la sua autorevolezza».

La pensa diversamente la dirigente Barison: «Le innovazioni costringono sempre a mettersi in gioco. Niente è perfetto e tutto è perfettibile. Certo è che bisogna lavorare molto per chiarire i punti che devono essere chiariti e poi bisogna cimentarsi sull'applicazione. Credo che l'insegnante sia la figura centrale di questa riforma, perché qualunque cambiamento poggia sulle gambe delle persone che lavorano in quel contesto».