Carriere a scuola, Italia in ritardo.
Lo status dei docenti: un rapporto Eurydice fa
notare
il sostanziale immobilismo del nostro sistema
negli ultimi 25 anni.
da
Il Sole 24 Ore
del 14 marzo 2005.
Italia ultima in Europa nella riforma
dell'insegnamento. Negli ultimi 25 anni, infatti, i Paesi europei
hanno messo in campo molti interventi per modernizzare le carriere dei
docenti, ma lo stesso non è accaduto nel nostro Paese. Dove ancora non
esistono stipendi legati al merito e dove l'organizzazione dell'orario
di lavoro non è mai stata oggetto di alcuna riforma, a differenza di
quanto avvenuto in buona parte degli Stati europei. Lo rivela Eurydice—
la rete europea di informazione sull'educazione nata nel 1980 — in un
rapporto sulla professione docente europea appena pubblicato, che
mette in luce il ritardo dell'Italia nella modernizzazione del lavoro
degli insegnanti e, più in generale, di tutto il sistema
dell'istruzione.
Lo studio passa in rassegna le riforme che — dal ' 75 al 2002 — hanno
innovato la condizione lavorativa dei docenti delle scuole secondarie
superiori di tutti i Paesi dell'Unione, intervenendo soprattutto sulla
formazione iniziale, sui salari e sugli aumenti legati al merito e al
maggior impegno, sull'orario di lavoro e sulle mansioni affidate a
ogni insegnante.
Le azioni di riforma hanno riguardato anche altri aspetti della
professione, come la formazione in servizio, le modalità di
reclutamento, la valutazione dell'operato dei docenti e le questioni
legate alla sicurezza sul lavoro, ma con modifiche — fa notare il
rapporto — di minore portata.
La maggior parte degli interventi di riordino messi in campo dai Paesi
europei hanno riguardato la formazione iniziale dei docenti. Il trend
di riforma ha subito un'accelerazione in tutti i Paesi membri a
partire dagli anni 90, in concomitanza con l'estendersi dei
provvedimenti di decentramento amministrativo, che hanno riguardato,
oltre alla formazione iniziale, anche il livello dei salari. In undici
paesi dell'Unione — Italia esclusa — i corsi di aggiornamento in
servizio sono stati resi obbligatori o, comunque, « molto raccomandati
» a tutti i docenti delle scuole secondarie superiori. In molti casi —
dice il rapporto — la formazione sul lavoro rappresenta un requisito
indispensabile per l'avanzamento in carriera e il relativo " bonus"
retributivo.
Proprio sulla questione degli aumenti in busta paga legati all'impegno
e al merito di ogni docente l'Italia mostra il ritardo più evidente. I
primi interventi sui salari sono stati realizzati nei Paesi europei a
partire dai primi anni 80. L'obiettivo delle riforme era quello di
stabilire i livelli di retribuzione anche in base al merito, alle
performance in classe, alla maggiore formazione e ai titoli conseguiti
dall'insegnante nel corso della sua carriera.
Dal 1990 in poi — afferma Eurydice— la necessità di attrarre nuovi
docenti e di garantire un'alta qualità dell'insegnamento ha
determinato un maggiore ricorso agli incentivi stipendiali. Ciò è
accaduto in quasi tutti i Paesi, tranne che in Italia, Belgio,
Repubblica Ceca, Spagna, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Austria,
Finlandia, Scozia, Islanda e Liechtenstein.
I Paesi Bassi e il Regno Unito — dice ancora lo studio — sono stati
tra i primi ad applicare la logica del " libero mercato" ai sistemi di
educazione, con l'obiettivo di incoraggiare la competizione tra le
scuole e aumentare il livello professionale dei docenti.
In Italia il decentramento delle competenze sulle assunzioni di
personale docente « è stato accompagnato — fa notare Eurydice — da un
aumento delle ore totali di insegnamento, probabilmente causato dalla
concomitante riforma che ha privatizzato i contratti ».