CARTA BIANCA

Bambini di serie B.

di Valeria Ferretti, da il Manifesto del 19/5/2005

 

La scuola italiana non è interessata, nel suo tentativo di valutare se stessa, al lavoro degli alunni disabili. Sono un'insegnante di scuola elementare, nel circolo didattico in cui lavoro coordino gli insegnanti di sostegno e una commissione che si occupa proprio del tema dell'integrazione degli alunni disabili.

La prima volta che ho sentito parlare delle prove Invalsi, ho pensato che non era certo così che la scuola doveva riflettere su se stessa,ma le prove erano obbligatorie per tutti i bambini di seconda e di quarta. E qui si viene alla questione che tanto mi indigna: nella dicitura -tutti gli alunni- non sono stati effettivamente presi in seria condizione gli alunni disabili, come se non facessero parte della realtà della scuola. Le prove erano uguali per tutti, compresi quei bambini che seguono percorsi individualizzati pensati, progettati e studiati sulle loro capacità personali. In tema di disabilità il nascondere la diversità non crea integrazione, ma umiliazione ed emarginazione, la diversità deve essere accolta e valorizzata, mettendo in risalto ciò che ogni persona ha di specifico e le diverse abilità delle quali ciascuno di noi è davvero portatore. La diversità di ciascuno è un valore che la scuola deve perseguire.

Nel collegio dei docenti una parte degli insegnanti ha dichiarato che si sarebbe rifiutato di sottoporre dei bambini a dei test che non fossero effettivamente tarati sulle loro potenzialità e capacità: era cosa umiliante e poco dignitosa per la persona. La risposta che ci è stata data dal dirigente è stata ancora più umiliante: le prove non sono nominative, quindi nessuno sarà messo in imbarazzo, tuttalpiù si potrebbe, con molto tatto e sensibilità, chiedere ai genitori di non mandare a scuola gli alunni in questione, o segnarli assenti e non far fare loro i famigerati test.

Proposte inaccettabili per chi vive nella scuola e ci crede, per chi con i bambini vive la sua quotidianità e non ci ragiona da lontano, perché quello che ci interessa sono le persone, i bambini, la sostanza e non la forma. Compito mio di insegnante è quello di creare le condizioni perché ogni bambino possa effettivamente dare il meglio di sé, non posso sostenere la consapevolezza di non mettere anche i bambini disabili in questa condizione, dietro c'è la convinzione profonda che il lavoro diversificato degli alunni disabili qualifica il sistema scuola italiano e che, facendone una valutazione in questi termini e con questi strumenti, anche questo tipo di lavoro deve essere considerato. Così ci siamo studiati una circolare sommaria che permetteva la predisposizione di prove individualizzate per i bambini in condizione di handicap e abbiamo creato dei test ad hoc per ciascun bambino. E' stato un lavoro impegnativo, soprattutto per chi, come me, era fondamentalmente contrario a queste prove, ma visto il loro carattere di obbligatorietà, la dignità dei bambini, di tutti, veniva prima.

Pochi giorni prima della fatidica data, ad un incontro ci è stato comunicato che le prove individualizzate per gli alunni disabili, una volta eseguite, non dovevano essere inviate al ministero, ma rimanere a scuola, non sarebbero state valutate insieme a quelle degli altri, non partecipano alla statistica. E' stata l'ennesima delusione della scuola, dopo anni in cui si lavora per l'integrazione.