La riforma senza informazione e formazione.

da Tuttoscuola del 22 maggio 2005

 

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"I principi sui quali si fonda il nostro progetto educativo sono quelli affermati dalla Costituzione repubblicana e dalla Convenzione europea: la dignità della persona, la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, la giustizia, la cittadinanza consapevole e partecipata". Lo ha scritto Letizia Moratti in una lettera a "Repubblica" pubblicata domenica 15 maggio, sottolineando che la scuola italiana negli ultimi decenni si era concentrata "più che altro sulla trasmissione del sapere".

Ma se sui principi e anche su alcuni contenuti il suo progetto di riforma ha attirato forse più consensi che critiche, sulle modalità di introduzione, gestione e accompagnamento del cambiamento hanno prevalso nettamente le critiche, che sarebbe miope ricondurre solo a motivi di contrapposizione ideologica e politica, che pure non sono mancati.

Chi ricostruirà la storia della scuola italiana non potrà non rimanere sorpreso da una precisa circostanza: la riforma Moratti è l’unica in 60 anni che si è tentato di varare senza un adeguato e sistematico piano di informazione e di formazione che coinvolgesse i docenti, i genitori, gli studenti. La stessa campagna pubblicitaria finanziata con i fondi destinati all’ampliamento dell’offerta formativa si è rivelata sostanzialmente un inutile dispendio di risorse per la banalità degli strumenti utilizzati (fumetto "Qui, Quo, Qua", agenda, etc) che annunciavano alle famiglie un cambiamento che nelle scuole non aveva ancora preso forma, con la conseguenza di un aggravio di lavoro per le scuole e di un senso di delusione delle famiglie che non trovavano ciò che era stato annunciato.

 

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L’Indire si è disperso in tante iniziative per accompagnare la riforma, ma con quale effettivo supporto alla realizzazione?

L’Invalsi ha diffuso le prime prove obbligatorie di valutazione degli apprendimenti della storia della scuola italiana senza spiegare adeguatamente né scopi, né metodi, né limiti delle informazioni raccolte, né potenzialità di questo straordinario appuntamento previsto dalla legge.

In queste condizioni c’è da chiedersi paradossalmente se sia più sorprendente che in alcune scuole i docenti abbiano deciso di boicottare i test, o che la maggior parte delle scuole abbia aderito alle prove Invalsi, che ci sia ancora chi naviga sul sito dell’Indire per cercare di ‘capire’ la riforma e che così tanti docenti aspettino ancora dal Ministero ‘circolari esplicative’ su piani di studio personalizzati, Portfolio, certificazione delle competenze ecc..

Il premier attribuisce tutto questo ad una preconcetta opposizione dei sindacati e dei "comunisti" annidati nelle scuole. Ma anche ammesso che i sindacati siano così potenti, ciò, più che giustificare l’azione del Governo ne incrementerebbe ancora di più i limiti politici, tecnici e amministrativi: quale credibilità può avere un’azione di governo della riforma incapace di trovare soluzioni con le organizzazioni di categoria per procedere a fare ciò che avrebbe dovuto fare?