Assunzioni, partita da 90 mln di euro.
Tanto costa fare 60 mila contratti stabili
rispetto alle supplenze
Settimana decisiva per il destino di immissioni
in ruolo e rinnovi.
Giovedì vertice Berlusconi-parti sociali.
di Alessandra Ricciardi da
ItaliaOggi del
17/5/2005
Contratti e assunzioni nella morsa dell'economia. L'immissione in
ruolo sui posti vuoti nell'organico degli insegnanti, su cui sta
ragionando il dicastero guidato da Domenico Siniscalco, su proposta di
quello dell'istruzione, si scontra con la stretta sulla spesa
pubblica, di cui in questi giorni sono vittima anche i contratti
pubblici, compreso quello della scuola.
L'assunzione a tempo indeterminato di 60 mila insegnanti precari
costerebbe circa 90 milioni di euro, il 30% del costo dell'incremento
contrattuale chiesto dai sindacati e sul quale si sta consumando lo
scontro all'interno del governo e tra esecutivo e le forze sociali.
Cifre in assoluto non impossibili, ma che devono fare i conti con
un'economia che va sempre peggio e con le priorità del governo
Berlusconi, che parlano di rilancio della competitività e di incentivi
alle imprese.
Il premier ha convocato le parti sociali per giovedì prossimo per
definire un piano d'emergenza. In questo contesto, si discuterà anche
del rinnovo del contratto. I sindacati ribadiranno la richiesta di un
aumento al 5.1% per il biennio 2004/05, cifra sulla quale era stata
raggiunta un'intesa di massima la scorsa settimana, poi smentita dal
governo, e per la quale sono pronti allo scontro frontale. L'esecutivo
ripartirà dall'aumento già stabilito dalla finanziaria 2005: 4.31%.
Per coprire la differenza servirebbero 30 milioni di euro.
Le assunzioni.
La richiesta avanzata da ministero dell'istruzione all'economia è di
circa 63 mila assunzioni a decorrere del prossimo anno. Una cifra che
potrebbe anche essere rivista al ribasso, per contenere le spese che
dovrebbero trovare copertura nella prossima Finanziaria.
Se il target minimo dovesse essere di 20 mila docenti, quelli che
lasceranno il posto causa pensionamento, la spesa viva sarebbe di
561,200 milioni di euro, contro i 796,944 che costano i docenti in
uscita. Coprire i posti liberi con supplenze verrebbe a costare invece
531 milioni di euro, 30 milioni meno delle assunzioni.
E' il costo della ricostruzione di carriera, se il calcolo tiene conto
di una media di servizio pregresso di sette anni. Il conteggio della
carriera comporta in media però dai cinque ai dieci anni di tempo, il
che significa che, pur non prevedendo espressamente una dilazione, la
spesa di per se non sarebbe comunque immediata.
Contratto
- Invito i sindacati al senso di responsabilità, non avallo aumenti
superiori al 5%-, ha detto il premier. Gli incrementi chiesti dal
sindacato costerebbero circa un miliardo di euro, ha detto Berlusconi,
un costo che i conti pubblici non possono permettersi. Si deve
investire invece sulla competitività. Pronta la risposta di CGIL, CISL
e UIL: non siamo disponibili a fare pagare ai dipendenti pubblici il
taglio dell'Irap alle imprese.
I leader delle confederazioni, rispettivamente Epifani, Pezzotta,
Angeletti, hanno inoltre sconfessato le cifre indicate dal governo:
l'aumento del 5.1% non comporta aumenti superiori ai 100 euro per
tutti.
La media sarebbe di 97,5 euro, solo 2.5 in più rispetto alla proposta
iniziale del governo. Si tratterebbe di 110 per gli statali, di 104
euro per la scuola, seguiti dalla sanità, con 97 euro, e dagli enti
locali, a quota 90. E costerebbero 300 milioni e non un miliardo di
euro. "La questione a questo punto no è più un problema di competenza
del mio ministero", ha dichiarato in numero uno della funzione
pubblica, Mario Baccini, mediatore della prima intesa poi non andata
in porto, "ma diventa una questione politica". La palla è stata
rimessa dunque la presidente del consiglio dei ministri "che aprirà la
strada a una nuova fase di informazione sulla situazione economica
generale all'interno della quale si inserisce il rinnovo dei
contratti".
Il rinnovo potrebbe legarsi a doppio fino al Dpef, ha fatto intendere
Roberto Calderoli, ministro delle riforme. "L'intesa di massima
raggiunta nei giorni scorsi è che poi è stata bloccata da Berlusconi",
hanno detto le tre confederazioni, "prevedeva aumenti del 5.1% ed
aveva l'appoggio anche del ministro dell'economia, Domenico
Siniscalco. Se crisi è, c'era anche allora", è il ragionamento. Se
invece la strategia è di bloccare tutto, per fare cassa, "siamo pronti
con una scaletta di scioperi a scacchiera". A giovedì prossimo la
risposta