Dispersione scolastica in calo. Merito della Moratti o di Berlinguer? da TuttoscuolaNews N. 206, 4 luglio 2005
"Abbiamo riportato dentro il sistema scolastico 90 mila giovani". Lo ha annunciato con soddisfazione il ministro per l'istruzione Letizia Moratti al convegno organizzato a Modena sul tema "Scuola, università, lavoro dopo la riforma Biagi". Quei 90 mila giovani, secondo il ministro, sono così ripartiti: "60 mila ragazzi con i percorsi triennali di istruzione e formazione professionale fatti dalle Regioni ma accreditati dal Ministero; 30 mila giovani sono rientrati nel sistema grazie all'innalzamento di un anno dell'obbligo scolastico". Probabilmente, nell'attribuirsi il merito del recupero di questi ultimi 30 mila ragazzi al sistema scolastico, il ministro è incorsa in un lapsus freudiano. In effetti il "suo" obbligo scolastico, denominato ora diritto-dovere, non è ancora decollato, perché il relativo decreto legislativo (n. 76/2005) ne prevede l'avvio dal prossimo anno scolastico. L'unico innalzamento dell'obbligo scolastico di questi anni è stato quello del ministro Berlinguer, attivato per effetto della legge n. 9/1999 dall'anno scolastico 1999/2000. Alla fine di questo anno scolastico hanno concluso l'intero percorso della secondaria di secondo grado i ragazzi che cinque anni fa sono stati assoggettati al nuovo obbligo (compresi quindi anche quelli computati dal ministro tra i sottratti alla dispersione). Ma quei 30 mila recuperati dall'innalzamento di un anno dell'obbligo sono figli della legge 9/1999, nel frattempo abrogata dalla Moratti con la legge di riforma n. 53/2003. E proprio per contenere gli effetti negativi di quell'abrogazione - avvenuta senza che fosse pronto il nuovo diritto-dovere - si è realizzato l'accordo quadro del 19 luglio 2003 sottoscritto tra Miur-Ministero del lavoro e regioni. Una misura definita in una logica di emergenza che ha previsto un'offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale attraverso percorsi triennali.
Ma come si calcolano i dispersi? Il ministro Moratti, nel fornire la notizia del calo dei "dispersi", cioè della diminuzione del numero di giovani che lasciano il sistema scolastico prima del diploma o della qualifica, ha citato cifre interessanti, senza però fornire una precisa fonte di riferimento o di calcolo, costringendo tutti a prendere atto della sua affermazione. Così è se vi pare. Ha affermato che gli abbandoni sono in calo del 5,3% e ha precisato che, mentre la percentuale di dispersione nel 2000 era del 25,3%, oggi si è attestata intorno al 20% e, addirittura, sfiora i livelli europei (18,8%). Lo stesso ministro, nell’audizione al Senato del 22 luglio 2003, parlava però di un 19% di dispersione. La dispersione allora cala o cresce?
Forse, una volta per tutte, bisognerebbe mettere
alcuni punti fermi su questo delicato problema della dispersione, per
evitare l’impressione che si stiano dando i numeri o si stiano
"piegando" alcuni dati agli obiettivi che si vogliono dimostrare. Occorre conoscere quanti sono abbandoni veri, quanti sono ritardi per ripetenze oppure quanti sono semplici passaggi dal sistema di istruzione a quello di formazione, dalle scuole del sistema statale a quelle del sistema non statale. Occorre fissare un arco di tempo da misurare, come, ad esempio, dal primo anno all’ultimo anno delle superiori, ecc.. Occorre, insomma, un criterio oggettivo, visibile, verificabile. In caso diverso, i dati comunicati, ancorché sostanzialmente positivi, perdono di attendibilità e di credibilità. Ad usum delphini, appunto.
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