Riforma dell’università,
sì dopo le polemiche.
Maggioranza battuta due volte, poi il via libera
con il governo in aula.
Casini: assenze intollerabili.
di Lorenzo Salvia, da
Il Corriere della Sera del del
16/6/2005
ROMA - «Certo, se una maggioranza ha 150
deputati di meno è difficile che possa governare. Tutto questo
assenteismo è intollerabile». Capita di rado che Pier Ferdinando
Casini perda la calma e alzi la voce. È successo ieri sera, quando
l’Aula della Camera stava discutendo il disegno di legge sullo stato
giuridico dei docenti universitari. La maggioranza era stata battuta
due volte e per evitare altri scivoloni è stato necessario spostare il
consiglio dei ministri da Palazzo Chigi a Montecitorio in modo da far
votare anche agli uomini di governo. Alle 8 e mezza di sera il testo è
stato approvato e ora passa all’esame del Senato. Soddisfatto il
ministro dell’Istruzione Letizia Moratti: «È un provvedimento di
equità e di merito che modernizza l'università e l'avvicina
all'Europa». L’opposizione, invece, chiede il ritiro del testo.
LA RIFORMA - Cosa cambierà? Sparirà la categoria dei ricercatori: dopo
il dottorato, i giovani avranno davanti la strada di contratti a
termine di tre anni, rinnovabili una sola volta. Gli attuali
ricercatori dovranno sostenere un esame: chi lo supererà diventerà
professore aggregato, altrimenti diventerà aggregato di ricerca. I
contratti a termine non potranno superare il 20 per cento del totale
degli insegnanti. Saranno gli stessi professori a chiedere di essere
valutati dal proprio ateneo sull’attività didattica e di ricerca. In
caso di promozione salirà lo stipendio che altrimenti resterà fermo
fino alla prova successiva.
LE DUE MODIFICHE - Rispetto al testo arrivato dalla commissione
Cultura, sono due le modifiche proposte dall’opposizione e approvate
dall’Aula. La prima, introdotta ieri, riguarda la composizione delle
commissioni per i concorsi universitari: i membri saranno scelti per
sorteggio e non ci sarà più quello interno. «Viene meno - spiega
Franca Bimbi, firmataria dell’emendamento, e responsabile università
della Margherita - uno dei cardini della riforma e cioè la lista
nazionale di idoneità. In questo modo difendiamo l’autonomia
universitaria e inseriamo criteri di trasparenza nelle procedure
concorsuali». «Questa modifica - aggiunge Walter Tocci, Ds - moralizza
il sistema: sono impediti accordi trasversali che fin qui hanno
permesso la nomina dei candidati locali nei concorsi». L’altra
modifica era stata approvata due giorni fa con la cancellazione
dell’intero articolo uno della riforma che fissava gli obiettivi
generali senza però scendere nel merito.
MORATTI - «Sono modifiche di dettaglio», dice il ministro Moratti non
escludendo che il testo possa essere corretto al Senato. E lasciando
la Camera, spiega in Transatlantico i motivi della sua soddisfazione:
«È importante l’equità nei confronti dei ricercatori, ai quali è
riconosciuta l’attività di docenza con il titolo di professore
aggregato. In secondo luogo viene data l’opportunità a tutti gli
associati di diventare professore associato non ope legis (per legge,
ndr ) ma sostenendo un giudizio rigoroso di idoneità». Il ministro
sottolinea altri due punti: «Diventa possibile un ampio ingresso di
giovani qualificati come ricercatori a contratto con un trattamento
economico adeguato. I contratti non avranno limiti di tempo, per far
sì che i ricercatori possano rimanere all’interno dell’università fino
al raggiungimento della maturità scientifica necessaria per diventare
professori».
I CONTRARI - Ma l’opposizione la pensa diversamente. Titti De Simone
(Rifondazione comunista) parla di «precarizzazione dell’intero sistema
con ricadute sulla vita dei docenti e sulla qualità di insegnamento e
ricerca». Secondo Walter Tocci (Ds) il fatto che il governo sia stato
battuto due volte «dimostra il malessere profondo della maggioranza
che non condivide la piega corporativa e conservatrice del ddl
Moratti». D’accordo Enrico Panini, segretario della Cgil scuola: «Al
Senato arriva un testo su cui non c’è consenso. Invece di forzare la
mano, il ministro farebbe meglio a riaprire le consultazioni con tutte
le categorie interessate».