Insegnanti,

la Scuola di specializzazione non li forma.

Post laurea. Riparte la Ssis, i bandi escono nei prossimi mesi di luglio e agosto.
Un bilancio dei tre ultimi anni di attività.

 

  di Emilia Basile, da Aprile On Line.info del 28/6/2005

 

Quello che più colpisce i neolaureati che si apprestano al mondo del lavoro è la solita frase che si sentono dire da un paio d’anni a questa parte: “l’università non serve per il lavoro” o addirittura “l’università non serve a nulla”. Queste sono sentenze altamente mendaci. Semmai è il mondo del lavoro che non aggiunge lavoratori laureati nel suo sistema, ormai malatissimo. Le Ssis (le scuole di specializzazione per l'insegnamento), come i master o i corsi post-laurea, dovrebbero formare e specializzare i futuri professionisti. Accade invece, come denunciato da alcuni frequentanti, che la Ssis non sia altro che un "ulteriore parcheggio", troppo lontano dal mondo del lavoro. I laureati rivolgono lo sguardo al passato, agli anni sessanta, e pensano di essere stati altamente sfortunati. Prima gli insegnanti non avevano neanche la laurea e nel frattempo, ultimando i corsi di studi, venivano inseriti nelle scuole per insegnare. Negli ultimi anni, invece, è tutto cambiato: chiusi i concorsi abilitanti e a cattedra, i laureati che vogliono insegnare devono frequentare due anni di scuola specializzante, previo superamento della prova di selezione, almeno ancora per quest’altro anno.

Nell’ascoltare le testimonianze di alcune ragazze che hanno fatto la prova di lingue, a incominciare dalle 20 domande iniziali, l’opinione è: "Ci siamo trovate davanti a domande a dir poco ambigue". Per quanto riguarda le materie, infatti, le prime 20 domande del test di ingresso vertono sulle seguenti discipline: Linguistica Generale, Glottodidattica, Sociolinguistica, Storia, e le restanti 30 domande sono in lingua. Alcuni esempi. Si richiedeva l'"analisi morfologica sincronica in italiano contemporaneo del nome 'fratelli'". Le risposte prevedevano sia “frat – ell – i” in cui il primo è sostantivo (il primo dal latino “frater”, e in italiano “frate”, il secondo è il diminuitivo, e il terzo riguarda la grammatica genere e numero), ma potrebbe essere benissimo “fratell – i” (in cui il primo è il sostantivo, e il secondo sempre genere e numero). Abbiamo anche sentito di risposte in inglese, nella prova ufficiale, come “So, what we talking here” (di che … discutendo qui?) in cui manca addirittura il verbo (are = stiamo). Sempre in inglese, Sir Robert Browning ha scritto una poesia intitolata “The Last Duchess” (La mia ultima duchessa). Nel compito scritto - due anni fa - nel test d’ingresso Ssis di Letteratura Inglese, come ci hanno confermato le persone concorrenti al compito ufficiale, ci si è trovati davanti al titolo: “My Last Dutchess” (La mia ultima danese). Come poter rispondere a quest’altra?

A quattro anni dalla nascita delle Ssis sono tantissimi i ricorsi delle persone certe di avere fatto un buon compito al test d’ingresso, ma che si sono viste negare l’accesso dal Tar e l’Università le ha piazzate a seguire corsi pre-Ssis, per non perdere tempo - si fa per dire - e per tutti rimane il doveroso passaggio del test di ingresso. Per non parlare della diatriba dei 30 punti che chi esce dalla Ssis ha al termine dei due anni, quando sommandoli in graduatoria, chi ha invece il vecchio concorso si vede passare avanti gli abilitanti della Ssis. Altra problematica post-Ssis, infatti, le liste delle graduatorie che sono arrivate alla saturazione - sono infinite - tanto che la Moratti si appresterà nel prossimo futuro a chiuderle ed inserire gli iscritti fino al completo svuotamento delle graduatorie. In futuro ci si dovrà, invece, registrare all’albo dei professionisti della propria regione.

Rimane una domanda, pensando a questi due ulteriori anni spesi dopo quelli universitari per imparare un mestiere che di certo non si apprende a scuola, ovvero: “Ci si forma per essere insegnanti?”. La capacità di comunicare a ragazzi adolescenti è qualcosa che non si apprende ma che si possiede. In altre parole, fare l'insegnante è il risultato di vari fattori: la volontà di tramandare ai ragazzi i propri anni di studio, la capacità di saper mettersi in relazione, la sensibilità di fronte agli alunni adolescenti. In conclusione, viene da dire che non possono essere i due anni di Ssis a "formare" gli insegnanti modello.