Un´indagine presentata nel corso di un convegno della Fondazione Debenedetti: bocciata soprattutto l'università. Scuola, per il 67% non serve al lavoro .
Italia penultima in Europa per gradimento del
sistema scolastico di Roberto Petrini, da la Repubblica del 12/6/2005
DAL NOSTRO INVIATO Dal sondaggio, le cui domande sono state sottoposte via Internet a un campione di 550 diplomati e laureati, emerge un profilo per certi versi inquietante del nostro patrimonio intellettuale. Il 67 per cento degli intervistati, attualmente occupati, è convinto di non aver ottenuto dalla scuola o dall´università competenze utili per svolgere il proprio lavoro. Sta peggio di noi solo il Portogallo dove la percentuale degli insoddisfatti del sistema scolastico sale al 71 per cento. Tanto per avere un´idea, in Germania solo il 24 per cento degli occupati si sente vittima di questa inadeguatezza. Da segnalare che se si chiede al campione di lavoratori italiani quale ciclo scolastico ritengano meno utile ai fini dell´attività quotidiana, puntano l´indice sull´università ed esprimono giudizi meno severi sulle scuole medie ed elementari. Nel mirino, come si poteva immaginare, finiscono, le facoltà umanistiche «bocciate» dal 32,8 per cento degli intervistati convinti che quello che hanno imparato a scuola non è risultato utile, mentre è più bassa la quota degli insoddisfatti (24,36 per cento) tra coloro che hanno frequentato facoltà scientifiche. Complessivamente il 12,03 per cento degli ex studenti italiani afferma di essere stato costretto ad imparare troppe nozioni inutili. Ma il malessere del sistema scolastico non riguarda solo l´Italia, anche se il nostro paese tende a indossare la maglia nera anche in questa circostanza. L´intera Europa esce perdente dal confronto con gli Stati Uniti. Basta guardare – come ha fatto nella sua relazione lo studioso canadese Etienne Wasmer – alla media degli anni di istruzione che nel Vecchio Continente sono 11,6 (in Italia solo 9,4) e negli Stati Uniti raggiungono quota 12,7. La differenza sta naturalmente nella maggiore presenza della istituzione universitaria: in Europa raggiunge il 14,2 per cento della popolazione, negli Usa addirittura il 29 per cento. Scavando tra le cifre, si scopre inoltre che la spesa pubblica per istruzione universitaria è identica negli Usa e in un paese europeo come la Francia (è pari all´1 per cento) ma a fare la differenza sono i finanziamenti dei privati che fanno salire le risorse complessive negli Stati Uniti al 2,29 per cento del Pil e inchiodano la Francia all´1,13 per cento. Cosa fare? «Investire di più nel capitale umano», ha detto Carlo De Benedetti, che ha aperto il convegno. Ma ci vuole anche maggiore informazione per guidare gli studenti nelle scelte (ancora oggi il 15 per cento degli studenti segue le indicazioni dei genitori e il 18 per cento rincorre le scelte degli amici), borse di studio e prestiti agevolati. Del resto le conseguenze della crisi del sistema italiano si vedono dalle scelte degli studenti (raccontate da Francesco Giavazzi che ha discusso i rapporti insieme a Giuseppe Bertola): nell´anno accademico 2004-2005 si sono iscritti 37mila studenti a giurisprudenza, 14 mila a scienze della comunicazione e solo 1.800 a matematica. Ne emerge la necessità di cambiare al più presto registro. |