La grande droga.

di Alessandro Giorni, dal CIP del 25/6/2005

 

L'effetto delle droghe o sostanze stupefacenti, si sa, è di distorcere fondamentalmen-te la percezione della realtà.
La notizia del decreto legge che autorizza 35000 immissioni in ruolo per l'anno scolastico 2005/2006, preceduta dal lento, gustosamente studiato stillicidio di notizie, smentite, correzioni, finti rimpalli fra dicasteri, con finale annuncio mediatico nel quadro delle linee guida della conferenza di Lisbona, ha lo stesso effetto di una droga sul personale precario della scuola.

Se da un lato è comprensibile il senso di sollievo che almeno alcuni -35000 docenti su oltre 120000- possono provare a questa notizia, più preoccupante è l'effetto stupefacente e soporifero che le promesse immissioni in ruolo può avere sui medesimi docenti precari.

I docenti precari della Toscana chiedono a tutti i colleghi di non farsi dopare le speranze e di non farsi
mettere sotto narcotico il buon senso e la ragionevolezza.
Da un lato, per ricordare al Miur ed al governo che le assunzioni non sono una regalìa o un atto straordinario, come il ministro Moratti ha millantato attribuendosi il finto merito di aver adempiuto alla più massicia operazione di immissione in ruolo nella storia della scuola italiana.
Dall'altro, per ricordare all'opinione pubblica extracurricolare che i numeri non tornano mai, che le 60000 immissioni in ruolo per ora solo promesse nel triennio risolveranno al massimo il 50% del problema, dato che i precari veri sono 120000.
Infine, i precari devono restare vigili per rispetto verso se stessi: chi entrerà in ruolo, dovrà mantenere alta la guardia, la riforma è formalmente al termine del proprio iter legislativo - manca solo il decreto sulla formazione e il reclutamento dei docenti, lo abbiamo dimenticato? - e chi rimane precario dovrà essere aiutato e tutelato per giungere a ciò per cui ha lottato per anni.

Il sonno della ragione genera mostri, dicevano gli illuministi.
Infine, le ultime smaccanti richieste della gerarchia ecclesiastica, rivolte direttamente alla massima carica dello stato, non possono che preoccupare: non esiste equiparazione possibile fra scuole pubbliche e scuole private, cattoliche o meno, dal punto di vista economico. Lo stato italiano ha una costituzione che sancisce questo principio indicando il diritto alla libertà di istituire scuole private accanto al dovere che esse siano
senza oneri per lo stato. I docenti, precari di oggi e di domani, di ruoli di oggi e di domani, debbono tenere gli occhi ben aperti, perché quando l'effetto della droga finisce, il mondo rivela sempre amplificate le proprie brutture.

 

Alessandro Giorni
coordinatore cip-toscani