I decreti sul primo e secondo ciclo

violano la Costituzione e il Concordato.

di Osvaldo Roman, da ScuolaOggi dell'11/6/2005

 

Il decreto n° 59/04 sul primo ciclo e lo schema di decreto legislativo sul secondo ciclo di istruzione e formazione presentano entrambi una gravissima violazione del Concordato e della Costituzione che è stata fino ad ora trascurata nel dibattito e nelle polemiche che hanno accompagnato il travagliato iter della controriforma Moratti.

Ciò è forse accaduto perché, a chi ha visto il problema, è sembrato opportuno non caricare di connotati tacciabili di antireligiosità quella che era e rimane una chiara battaglia per la difesa della scuola pubblica e per il suo diritto ad essere riformata senza essere stravolta e annichilita.

Oggi, dopo lo scatenarsi dell’ingerenza ecclesiastica nella sfera delle istituzioni pubbliche del nostro paese con lo scontro referendario sulla fecondazione assistita, non può più essere tollerata qualsiasi tipo di inerzia che lasci libero spazio all’arrogante presenza di un potere ostile ai diritti di libertà di una cosi grande parte dei cittadini. I Patti e in particolare quello Concordatario devono essere rispettati da entrambi i contraenti e se uno di essi, con la connivenza servile di un Governo fellone, non ravvisa e denuncia le violazioni che riguardano le intese solennemente sottoscritte, tocca ai cittadini e a quelle forze politiche che sostengono di operare a difesa della legalità intervenire aprendo se è necessario una vigorosa vertenza.

E’ questo il caso dei due provvedimenti citati uno avente ormai forza di legge e l’altro nella fase terminale che lo dovrebbe portare, dopo i pareri e l’ Intesa formale della Conferenza Unificata e i pareri delle Camere all’approvazione definitiva del Consiglio dei Ministri.

In tali provvedimenti viene violato grossolanamente il principio di non discriminazione di coloro che non si avvalgono dell’insegnamento di religione cattolica in quanto vengono manomesse molte di quelle clausole di garanzia che la Corte Costituzionale aveva individuato per garantire la costituzionalità delle norme concordatarie.

Ciò si verifica quando all’articolo 11, comma 1, del primo e all’articolo 13, comma 2 del secondo, rispettivamente si rispettivamente si prevede:

comma 1. Ai fini della validità dell'anno, per la valutazione degli allievi è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell'orario annuale personalizzato di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 10. Per casi eccezionali, le istituzioni scolastiche possono autonomamente stabilire motivate deroghe al suddetto limite.

comma 2. Ai fini della validità dell’anno, per la valutazione dello studente è richiesta la
frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato complessivo di cui all’articolo 3.

Poiché nelle tabelle orarie della scuola secondaria di primo grado e in quelle relative ai licei l’insegnamento della religione cattolica viene impropriamente inserito (con le attività ad essa alternative), tra le attività e insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti, si verifica la possibilità che chi non si avvale dell’irc e non frequenta la scuola durante quell’insegnamento, cosi come è previsto e consentito dall’ordinamento vigente, possa essere escluso dalla valutazione finale qualora fossero conteggiate come assenze, come risulta dall’attuale testo del Decreto, le 33 ore annuali di RC ai fini del raggiungimento dei tre quarti dell’orario annuale personalizzato. E’ evidente il carattere discriminatorio di tale eventualità e la sua estraneità alle disposizioni vigenti che tutelano il rispetto del Concordato alla luce della Costituzione.
A tale riguardo occorre ricordare che in base alla normativa vigente:

  • scegliere se frequentare o no l'insegnamento di religione cattolica è un diritto, fondato sulla libertà di pensiero, e ciò deve avvenire liberamente e non deve comportare discriminazioni di alcun genere

  • ognuno è tenuto a dare e a pretendere il rispetto dovuto alle questioni di coscienza.

  • i genitori per i propri figli, e gli studenti, se maggiori di 14 anni, devono effettuare la scelta all'atto dell'iscrizione; là dove l’iscrizione avviene d’ufficio, la scuola deve comunque ogni anno fornire un'adeguata informazione e garantire la possibilità di modificare o confermare la scelta (T.U. art.310);

  • i moduli per la scelta devono essere consegnati ai genitori e agli studenti insieme ai moduli per l'iscrizione; se la scuola non provvedesse a consegnarli possono essere richiesti in qualunque momento, anche all'inizio dell'anno scolastico o ad anno scolastico già iniziato.

  • i moduli devono contenere la chiara indicazione delle quattro possibilità per gli allievi che non frequentano l’insegnamento confessionale:

1. • attività didattiche e formative
2. • studio individuale assistito
3. • studio individuale non assistito
4. • non presenza nei locali scolastici;
queste possibilità sono la traduzione in termini pratici della sentenza della Corte costituzionale (n. 13/1991) che dichiara che chi non segue l insegnamento della religione cattolica è in uno stato di non obbligo; nello stesso tempo la scuola è tenuta a garantire parità di diritti ed è comunque responsabile degli allievi presenti nei locali scolastici.

Le soluzioni indicate nel decreto di fatto rendono l’IRC obbligatoria opzionale ed escludono per i non avvalentesi la possibilità di non frequentare alcuna attività e di assentarsi dalla scuola.

Si tratta di macroscopiche violazioni dei pronunciamenti dell’Alta Corte che possono essere dovuti solo all’ignoranza di codesti improvvisati legislatori. Se invece fossero il frutto di un arrogante volontà di manomettere i Patti sottoscritti e di ignorare le tutele costituzionali la risposta di tutte le forze democratiche, e soprattutto di quei cattolici schierati per l’astensione nel Referendum in nome della legalità, dovrebbe essere molto ferma e determinata.