Bocciato a 15 anni, muore d’infarto.

Vede i voti, litiga con l’insegnante, poi crolla.

I genitori: era sano, qualcuno pagherà.

di Felice Cavallaro, da Il Corriere della Sera del 17 giugno 2005

 

DAL NOSTRO INVIATO
MARSALA (Trapani) - Sapeva che per lui l’anno scolastico sarebbe finito con qualche «debito». Ma d’essere bocciato non se l’aspettava Daniele, 15 anni, seconda classe allo scientifico Ruggieri di Marsala.

E, quando s’è trovato davanti ai quadri col verdetto inatteso, ha inveito contro la professoressa di latino, scappando via dalla scuola, correndo verso casa dell’insegnante che gli aveva dato lezioni private e crollando davanti a lui, un dolore atroce al capo, al petto, senza respiro.

S’è spento dopo i primi massaggi su un’ambulanza questo ragazzone che qualche docente non tollerava perché «irruento e svogliato», perché pensava troppo alla moto e s’applicava poco sui libri. E adesso bisognerà capire se davvero c’è un nesso tra la fine di un disastrato anno scolastico e la fine di un’esistenza. Con formula insufficiente, i medici dell’ospedale parlano di «arresto cardiaco», in attesa dell’autopsia prevista per oggi. Ma la rabbia dei genitori di Daniele esplode contro i professori: «Vigliacchi, ce l’hanno ammazzato a scuola».

È la mamma, Vincenza Pollari, maestra elementare, ad invocare magistrati e poliziotti impegnati nell’indagine subito aperta: «Chi ha sbagliato paghi». E racconta delle assicurazioni ricevute: «Fino a pochissimi giorni fa preside e docenti avevano riconosciuto i passi in avanti fatti da mio figlio, assicurando che non avrebbe perso l’anno, che ci sarebbe stato solo qualche "debito"».

E il padre, Mario Benassi, impiegato in una finanziaria del gruppo Eni: «Solo bugie negli ultimi giorni. Per questo li ritengo moralmente responsabili della morte di Daniele che, studiando notte e giorno, era certo di avere recuperato. Ma la sua scalata l’hanno bloccata mortificandolo, con una bocciatura legata alla condotta. Se di questo si tratta, perché gli hanno dato 8 al primo quadrimestre e non hanno poi avvertito la famiglia?».

Domande senza risposte in un liceo dove nessuno replica ad una madre con il dito puntato sulla professoressa di italiano e latino: «Questa disgraziata mi ha rovinato. Dice che Daniele dava fastidio. Ma era solo un tipo compagnone. Non si toglie così un figlio da casa...».

Preside ed insegnanti preferiscono evitare ogni commento, mentre un vocio lascia echeggiare dubbi su una presunta cardiopatia del ragazzo. Categoricamente smentita dal padre: «Mai un affanno, un soffio, giocava a tennis, a nuoto con gli amici». Ma non sa che in serata è anche qualche compagno di Daniele a sventolare quel dubbio. E per questo sarà meglio attendere l’autopsia.

Come consiglia anche il professore in pensione che ha dato ripetizioni al ragazzo negli ultimi mesi e che se l’è visto morire a casa, Antonio Abbonato: «La scuola non è fatta delle ultime settimane. E se l’hanno bocciato forse lo meritava, specialmente oggi che non si boccia più nessuno. Cautela...».

Resta il dolore di una madre che ripercorre con angoscia il film della tragedia: «È uscito da casa, sereno come ogni mattina. Diretto a scuola, cosciente che la sua non sarebbe stata una promozione piena. Un bacio prima di andar via: "Appena leggo i risultati, ti chiamo al cellulare". E così ha fatto. Ma con una sola parola: "Bocciato". E ha richiuso. Come bocciato? Perché? Dopo le assicurazioni di tanti insegnanti e del preside che è successo? Ha vinto quella strega della professoressa di latino? Lo richiamo al telefonino e mi dice, accorato: "A scuola non ci vado più. Io ho chiuso. Me ne vado in campagna...". Mi sento morire, mi aggrappo a mio marito, non sappiamo cosa fare, passano pochi minuti e scopriamo che s’era rifugiato dal professore delle lezioni private, Abbonato, la voce tremante al telefono: "Venga, venga, suo figlio sta male, ha avuto una crisi di nervi"...».

L’ultimo fotogramma è la corsa in ambulanza, con il padre che arriva in tempo per salire su: «Ma non c’era un medico. Solo una infermiera, senza fibrillatore. Io a pompare ossigeno con la ventola e lei a schiacciare il petto con le sue braccia. Inutilmente».

Altra rabbia per questa vita spenta alla fine di una scalata perduta.