Il centro-destra si spacca.

Vertice la prossima settimana per decidere come modificare il decreto.

Riforma Moratti, punto e a capo.

Sotto tiro l'istruzione tecnica e professionale e il quadro orario

di Alessandra Ricciardi da ItaliaOggi del 15/2/2005

 

La maggioranza si sgretola sulla riforma delle secondarie. Da Forza Italia ad Alleanza nazionale, cresce il coro di dissensi sul decreto attuativo della riforma Moratti, al punto che si è reso necessario un summit della coalizione per decidere il da farsi. La riunione di maggioranza dovrebbe tenersi la prossima settimana e dovrebbe portare a una riscrittura del decreto.

E non mancano di far sentire le proprie critiche le associazioni imprenditoriali, da Confindustria a Cna, deluse in particolare di come è disciplinata la formazione tecnica e professionale. Insomma, con il passare del tempo, quel tempo voluto dal ministro dell'istruzione, Letizia Moratti, per un confronto aperto a tutti, crescono le critiche al decreto che rimette mano al secondo ciclo dell'istruzione.

Le prime somme saranno tirate il prossimo 23 febbraio, quando a viale Trastevere la Moratti incontrerà i rappresentanti di regioni e sindacati per un confronto trilaterale.

Sul fronte interno, ad aprire il fuoco di sbarramento è stata, a sorpresa, Forza Italia, che per mezzo del suo responsabile scuola al senato, Franco Asciutti, presidente della VII commissione, ha espresso la sua delusione per un provvedimento che, rispetto alla legge delega (n. 53/2003), non ha mantenuto le promesse. Fi è contraria in particolare alla liceizzazione della cultura tecnica e professionale che "accentuerebbe i fattori di crisi del sistema educativo e produttivo".

Sotto tiro anche il quadro orario: Fi, in un documento programmatico, chiede di rivedere l'assetto di alcune discipline. Per esempio, educazione fisica, che il decreto relega a una sola ora di lezione la settimana e che invece dovrebbe tornare a due ore.

Rivedere il quadro orario è esigenza condivisa anche da Alleanza nazionale, contraria però alla regionalizzazione dell'istruzione tecnica. "L'istruzione tecnica deve restare nazionale e deve essere garantita da un liceo tecnologico alla francese", spiega Giuseppe Valditara, responsabile scuola di An, "capace di dare una formazione professionalizzante ma anche di consentire l'accesso alle aree scientifiche e tecnologiche dell'università". Un punto, questo, sul quale si consuma il divario più netto con Fi. Il carico da novanta lo ha aggiunto l'Udc. Beniamino Brocca, responsabile scuola del partito di Follini, ha infatti avanzato la richiesta di ritirare integralmente il provvedimento.

In una dichiarazione tutt'altro che morbida, l'Udc ha ribadito la contrarietà a una riforma che getterebbe la scuola nel caos, travolgendo il quadro complessivo di sviluppo della legge di riforma. Sotto tiro, in particolare, il doppio canale (licei-formazione professionale), che "deve essere equilibrato e autorevole".

Pesa sul dibattito poi la posizione di Confindustria. Gli industriali guidati da Luca Cordero di Montezemolo sono contrari soprattutto al passaggio dell'istruzione professionale in mano delle regioni. Se così dovesse essere, avverte Gianfelice Rocca, vicepresidente di viale dell'Astronomia, con delega all'educazione, si rischierebbe di cancellare "quel canale professionalizzante che è la vera spina dorsale del rapporto tra scuola e mondo produttivo". Bene l'alternanza scuola-lavoro, dice la Cna, in un documento congiunto Confartigianato, Casartigiani e Claai, ma va garantita meglio la cultura tecnica "per soddisfare le reali esigenze del mondo imprenditoriale", che deve "restare statale".