CONSIGLIO DEI MINISTRI

Il ministro Moratti annuncia il piano. Via al nuovo reclutamento.

La scuola dice basta al precariato.

Nei prossimi cinque anni assunzione per 200 mila supplenti.

da ItaliaOggi del 26/2/2005

 

La scuola rinuncia al personale precario. Sarà varato un piano per assumere entro cinque anni 200 mila supplenti, tra insegnanti e ausiliari, tecnici e amministrativi. Il piano straordinario (si vedano le anticipazioni di martedì scorso di ItaliaOggi), che segnerebbe una volta per tutte la sconfitta delle resistenze storiche del ministero dell'economia, è stato annunciato ieri dal ministro dell'istruzione, Letizia Moratti, dopo il varo da parte del consiglio dei ministri del decreto che riforma il reclutamento degli insegnanti. "Sarà in breve tempo avviato il confronto con le parti sociali e con i dicasteri dell'economia e della funzione pubblica per la risoluzione dello storico problema del precariato docenti", ha detto la Moratti, "con l'obiettivo di pianificare il riassorbimento di 200 mila precari storici". L'annuncio segna anche un ritrovato accordo all'interno della maggioranza con Alleanza nazionale. "Il ministro ha mantenuto fede ai suoi impegni", ha commentato Giuseppe Valditara, responsabile scuola di An e fautore della proposta. "Il ministro era obbligato per legge a comunicare entro lo scorso gennaio un piano pluriennale di assunzioni, adesso prende tempo e se la cava con un annuncio", replica Chiara Acciarini, responsabile scuola dei Ds al senato.

Il decreto approvato ieri, attuativo dell'art. 5 della riforma della scuola, prevede insegnanti abilitati attraverso corsi universitari e non più attraverso concorso. La formazione sarà di pari dignità per i docenti di tutti gli ordini e gradi di scuola e sarà a numero chiuso, in base alla programmazione del fabbisogno. I percorsi di formazione iniziale dei docenti della scuola dell'infanzia, del primo ciclo e del secondo ciclo si svolgeranno presso le università e le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, rispettivamente nei corsi di laurea magistrale, per l'insegnamento nella scuola primaria, e nei corsi accademici di secondo livello, per la secondaria. I nuovi docenti debutteranno nelle scuole a partire dell'anno scolastico 2008/09 e copriranno il 50% delle cattedre scoperte. La restante metà sarà assegnata ai prof inseriti nel canale delle graduatorie permanenti. Gli insegnanti del futuro saranno inseriti in una graduatoria regionale, in base al voto conseguito all'università, e poi assegnati alle scuole. Il primo anno di insegnamento, con contratto di formazione, saranno seguiti da un tutor. Se l'esito del periodo di prova sarà positivo, saranno assunti dal dirigente scolastico con contratto a tempo indeterminato.

Fortemente contrari al decreto i sindacati, che ieri hanno ribadito, visto il fallimento del tentativo di conciliazione, lo sciopero generale del 18 marzo, a cui hanno aderito anche i Cobas. "Chiediamo il rinnovo del contratto scaduto a dicembre 2003, il rinnovo del contratto dei dirigenti scolastici, scaduto a dicembre 2001, la definizione delle immissioni in ruolo del personale docente e Ata, come previsto dalla legge n. 143/04, a partire dall'anno scolastico 2005/06 la salvaguardia degli organici e dell'offerta formativa, in conseguenza degli effetti della legge 53/2003", spiega Massimo Di Menna, segretario della Uil scuola. Mentre Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola, denuncia l'atteggiamento intimidatorio del ministero sul fronte tutor. "Attraverso un'operazione di monitoraggio, all'apparenza neutrale, l'amministrazione ha mascherato un atteggiamento censorio nei confronti delle scuole che non hanno previsto il tutor, come invece consente la legge", ha detto Scrima. Intanto il ministero dell'istruzione deve incassare un nuovo colpo sul fronte degli Ata: la Cassazione ha respinto il ricorso ministeriale, condannando l'amministrazione a riconoscere a tutto il personale ausiliario transitati dagli enti locali allo stato (80 mila unità) la pregressa anzianità di servizio. "Finalmente sono state riconosciute le nostre ragioni", spiega Enrico Panini, leader della Cgil scuola, "e il ministero dovrà pagare quanto dovuto ai lavoratori, che in questi hanno subito un danno economico di diverse migliaia di euro all'anno a fronte di un diritto che il ministero non ha mai voluto riconoscere".