Italiano, Bruxelles cerca una via d’uscita.

La vicepresidente Ue: non vogliamo discriminare nessuno.

L’ambasciatore protesta: trattati violati.

di Giuseppe Sarcina, da Il Corriere della Sera del 20 febbraio 2005

 

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES - Il «caso Italia» agita la Commissione europea. Nei giorni scorsi la vicepresidente Margot Wallströ m, responsabile per le «Relazioni istituzionali», ne ha parlato al leader del collegio, José Manuel Durao Barroso. Più o meno in questi termini, raccontano: cos’è questa storia dell’italiano e delle traduzioni? Qui dobbiamo fare qualcosa, non possiamo dare neanche l’impressione che vogliamo discriminare un Paese come l’Italia.

In realtà, le cose sono già andate parecchio avanti. Il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, ieri ha costretto il corpo diplomatico a fare gli straordinari. Risultato: una lettera di protesta firmata dal capo della rappresentanza italiana a Bruxelles, Rocco Cangelosi. Il testo, indirizzato a Barroso, parte dalla «decisione che sarebbe stata presa dal capo del servizio del portavoce, la signora Le Bail, di instaurare di fatto un regime trilingue (inglese, francese, tedesco) nelle conferenze stampa tenute dai Commissari nei giorni diversi dal mercoledì, relegando l’italiano a posizione del tutto secondaria». «Voglio ritenere - prosegue l’ambasciatore Cangelosi - che la situazione ... non abbia nessun avallo politico della Commissione. Si tratterebbe in caso contrario di una palese violazione dei Trattati e di una grave discriminazione operata nei confronti di un Paese membro, e per di più fondatore dell’Unione Europea». Interviene anche il titolare delle Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione: «E’ inaccettabile la decisione di diminuire il ruolo della lingua italiana».

Come ne uscirà Barroso? La Wallström fa sapere di «non essere responsabile dell’ufficio stampa». Nello stesso tempo, però, sottolinea: «La Commissione deve avvicinarsi di più ai cittadini europei e lo può fare solo valorizzando le identità nazionali e usando le lingue dei singoli Paesi». La commissaria svedese sta lavorando al «piano di comunicazione» che sarà presentato a metà giugno e prevede, tra l’altro, «il rafforzamento delle rappresentanze Ue a Milano e Roma. Vogliamo fare meno burocrazia, più comunicazione». Il contrario di quello che è successo a Bruxelles nelle ultime settimane. Nessuno, al momento, muove appunti al capo dei portavoce, Françoise Le Bail. Ma molti, in via riservata, scorrono increduli una sequenza degna del cartone animato «Silvestro, gatto maldestro». Dunque: il 1° febbraio il presidente dell’Associazione della stampa internazionale (Api), il tedesco Michael Stabenow, comunica per iscritto alla Le Bail, «l’irritazione» per il sistema di traduzione adottato durante le conferenze dei commissari Stavros Dimas e Olli Rehn il 31 gennaio. Quel giorno, per la prima volta, tra le altre, restano vuote le cabine dei traduttori italiani e spagnoli. «E’ una pratica - scrive Stabenow - contraria al sistema applicato prima, con nove lingue sempre disponibili, in funzione delle possibilità tecniche». La signora Le Bail risponde via email il 4 febbraio sostenendo che le difficoltà legate all’allargamento a 25 hanno spinto a «trovare un’altra soluzione». A parte la seduta del mercoledì (tutte le versioni disponibili), negli altri giorni in cui scenderanno dei commissari in sala stampa «sarà disponibile la traduzione nelle tre lingue base, francese, inglese e tedesco». Niente italiano, dunque. Peccato che, l’altro ieri, la stessa Le Bail abbia detto all’ Apcom di «non aver cambiato sistema», poiché «resteranno inglese e francese». Nessun cenno al tedesco.

Nel frattempo, fa osservare Cangelosi, la portavoce di Barroso non ha mai risposto «alle richieste di spiegazioni spedite il 18 novembre 2004 e il 7 febbraio 2005». Su queste basi la polemica può andare avanti settimane. Ecco perché la Wallström e altri chiedono di fare qualcosa. C’è chi si aspetta nei prossimi giorni una retromarcia della portavoce, se non dello stesso Barroso.