CATTEDRALI (IMMATERIALI) NEL DESERTO Il caso del mega-corso di informatica per i docenti della scuola dell’obbligo. Prof (e governo) bocciati in tecnologia. «Fortic è il progetto più grande d’Europa», dice il consigliere del ministro. «Il più costoso», replica l’esperto. di Francesco Margiocco, da Il Corriere della Sera del 14/2/2005
Un signor corso, chiamato Fortic, Formazione alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. «Il più grande nel suo genere mai realizzato in Europa», dice con orgoglio Alessandro Musumeci, consigliere di Letizia Moratti per l’informatica. Già, il più grande. Ma ne è valsa davvero la pena? Non si può dire che le scuole italiane abbiano il futuro in tasca. Hanno pochi computer, spesso vecchi, e li usano poco. Il governo sembra averlo capito, dai tempi dello slogan di Berlusconi sulle tre «i», informatica, inglese, impresa. Slogan cui hanno fatto seguito alcuni fatti, primo tra tutti Fortic, un corso di formazione sulle tecnologie destinato agli insegnanti e che si è concluso l’anno scorso. È stato organizzato, localmente, dalle Regioni, ha coinvolto 196 mila docenti della scuola dell’obbligo di tutta Italia ed è costato, complessivamente, 75 milioni di euro. Un discreto salasso, con fondi provenienti dalla vendita delle licenze Umts. Che Fortic fosse grande era inevitabile, visto che grandissima è la scuola italiana: più di 900 mila insegnanti secondo i dati Istat del 2004, mentre secondo una ricerca Eurostat su dati 2000 gli insegnanti delle elementari, medie e superiori rappresentano il 3,2% della popolazione attiva italiana. Contro il 2,8% della Spagna, il 2,7% della Francia, il 2% della Germania. È fuor di dubbio quindi che tutto ciò che riguarda la scuola italiana sia grande. Il dubbio, casomai, è che Fortic sia stata la più grande cattedrale nel deserto dei corsi italiani. «Un intervento così costoso avrebbe dovuto dare ottimi risultati», dice Alessandro Rivella, insegnante e consulente delle scuole in materia di tecnologie didattiche. A suo dire, i risultati non sono stati ottimi «per colpa di un difetto di partenza: quando il ministero fa un corso dovrebbe anche dire perché lo fa, a che cosa serve. Bisognava dire agli insegnanti: "Farete questo corso e, se lo supererete con buoni risultati, vi daremo un aumento di stipendio. In cambio v’impegnerete a fare del pc uno strumento inseparabile di lavoro, usandolo sia in classe con i ragazzi, sia a casa per prepararvi la lezione del giorno dopo"». Non è andata così, prima di tutto perché nelle scuole i computer continuano a scarseggiare. Poi perché alla fine del corso non è stata fatta alcuna verifica: tutti sono risultati promossi e moltissimi hanno continuato a insegnare come prima, cioè usando poco o nulla il pc. Per questo, dice Rivella, Fortic ha fallito. Alla critica, Musumeci risponde che «il problema (sollevato da Rivella, ndr ), riguarda l’inquadramento degli insegnanti. Va risolto, certo, ma trovare la soluzione è difficile e occorre tempo». Nell’attesa, il rischio è che Fortic si perda per strada. È il parere di Mario Fierli, direttore generale per i sistemi informativi del ministero dell’Istruzione ai tempi dei governi di centro-sinistra, insomma, il predecessore di Musumeci. «L’esperienza passata (di alcuni precedenti corsi d’informatica fatti per i docenti delle scuole, ndr ) insegna che uno deve subito mettere in pratica quello che ha imparato. Altrimenti lo dimentica in fretta». La messa in pratica, però, necessita di strumenti (hardware e software) che invece scarseggiano. Un personal computer ogni 34 alunni e biblioteche multimediali scarne (circa 14 cd-rom didattici per scuola elementare e pochi acquisti tecnologici; in media, nel 2002, soltanto cinque nuovi cd-rom per scuola elementare) sono i risultati della diffusione delle tecnologie didattiche nelle scuole elementari, illustrati da un sondaggio dell’Associazione italiana editori. Alle medie e nei licei il pc è più diffuso e anche nelle elementari, dal 2002 a oggi, le cose sono migliorate. Ma non abbastanza. Per questo Fierli si dice «preoccupato che fra tre anni di Fortic non rimanga che il ricordo». Lo stesso Musumeci ammette che «questo rischio c’è», ma ricorda anche che «il pc si sta diffondendo in fretta nelle scuole e gli insegnanti che si rifiutano di usarlo sono anacronistici». Saranno anche anacronistici, ma continuano a essere in tanti. Secondo Paolo Cortigiani, preside della scuola media genovese Don Milani-Colombo, una delle più innovative della sua città, «nelle scuole alcuni insegnanti sanno usare benissimo il pc, altri non l’hanno mai acceso, qualcuno di loro addirittura se ne vanta. Tra questi due estremi c’è una maggioranza che fatica a usare le tecnologie nella didattica». Il ministro, secondo Cortigiani, dovrebbe diffonderne l’uso trasversale in tutte le materie. «Purtroppo - dice il preside - non mi sembra che la riforma Moratti vada nella direzione giusta». Cortigiani si riferisce all’ora di informatica, introdotta quest’anno tra le materie d’insegnamento della scuola media. «Un errore - dice -, perché relega l’informatica in un angolo, affidandone l’insegnamento a quei pochi colleghi che conoscono il computer, e deresponsabilizzando gli altri. Invece bisognerebbe usare il pc, e la tecnologia in senso lato, come strumento di didattica per tutti, dalla matematica all’italiano. E nel frattempo il governo dovrebbe sforzarsi di diffonderla, questa tecnologia. I corsi di formazione, da soli, non servono». |