Scuola, addio ai concorsi Insegnanti solo con lauree. da ItaliaOggi del 25/2/2005
All'università per diventare insegnante. D'ora in poi l'ingresso nel corpo docente avverrà non più per concorso, ma solo attraverso il conseguimento di una laurea magistrale, per le primarie, o di un titolo accademico di secondo livello, per le secondarie. Tutti corsi, rigorosamente a numero chiuso programmato sulla base delle effettive esigenze di turn over indicate dal ministero dell'istruzione e dal mineconomia, che si svolgeranno presso università e istituti di alta cultura. È questa la principale novità contenuta nel decreto legislativo ´riguardante la definizione delle norme generali in materia di formazione degli insegnanti, a norma dell'articolo 5 della legge n. 53 del 2003', che va oggi in esame preliminare al consiglio dei ministri. Il decreto di attuazione dell'articolo 5 della cosiddetta riforma Moratti ridefinisce, insomma, i percorsi di formazione iniziale dei docenti, per superare, per quanto possibile, le storture del sistema attualmente vigente delle graduatorie permanenti che hanno prodotto una quantità elevata di precariato, con tutta la mole di contenzioso che negli anni si è stratificato contro il Miur responsabile di aver modificato i criteri di valutazione dei docenti in corso d'opera. Il nuovo meccanismo di reclutamento del personale docente tiene anche conto del nuovo decentramento amministrativo su cui opera, dai tempi del ministro Berlinguer, il dicastero dell'istruzione. Le selezioni e le assunzioni, insomma, avverranno su base regionale. Ma non prima di un percorso selettivo che, oltre al titolo di studio, preveda un anno "di applicazione presso un'istituzione scolastica, mediante la stipulazione dell'apposito contratto di formazione lavoro". I docenti svolgeranno l'anno di applicazione, "con assunzione di responsabilità di insegnamento, sotto la supervisione di un tutor designato dal collegio dei docenti", Al termine del cfl l'aspirante docente sarà assoggettato alla valutazione "da parte dell'istituzione scolastica presso cui è stato svolto l'anno di applicazione". Se il comitato darà un giudizio positivo sull'attività svolta, l'insegnante verrà assunto con un contratto a tempo indeterminato. Ma su tutta l'operazione assunzioni peserà molto la programmazione, su base triennale, che il miur e il mineconomia dovranno fare per stabilire quanti posti potranno essere messi a disposizione regione per regione. L'articolato che oggi va al consiglio dei ministri, così argomenta sul punto: "Il ministro dell'istruzione, dell'università e ricerca, con proprio decreto adottato di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze e con il ministro della funzione pubblica, determina per ogni triennio rimodulabile annualmente, previa individuazione dei relativi mezzi di copertura finanziaria, sulla base di stime previsionali del numero degli alunni, anche disabili, e del turn-over del personale del triennio, la programmazione dei posti di insegnamento nelle scuole statali complessivamente disponibili e vacanti a livello nazionale, rilevati su base regionale. La programmazione tiene conto anche dei posti formalmente comunicati dalle regioni e dalle scuole paritarie, in ragione del fabbisogno di personale per il triennio di riferimento, computato mediante analoghi criteri previsionali". I laureati e i diplomati abilitati all'esercizio della professione insegnante verranno poi collocati, a cura degli uffici scolastici regionali, e sulla base del voto conseguito nell'esame di stato abilitante, in apposite graduatorie, distinte per la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e, per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, per ciascuna classe di abilitazione. L'ufficio scolastico regionale provvederà poi all'assegnazione alle scuole degli aspiranti per lo svolgimento dell'anno di applicazione all'insegnamento. |