TFR: l'opzione francese.
di Cécile Ducourtieux,
Fuoriregistro
da Le Monde del 13/12/2005
Ecco come hanno risolto in Francia il problema
della "gobba demografica" del 2020: con la creazione di un fondo
apposito, alimentato dagli attivi delle pensioni, da parte del
ricavato delle privatizzazioni e (udite udite!) dal 65% di quanto lo
stato incassa da una tassa del 2% sui redditi da capitale. Questo
ha consentito loro di mantenere il sistema retributivo. (Red).
Inquietudini sul futuro dei Fondi di riserva
delle Pensioni
L'esistenza dei Fondi di riserva delle Pensioni
(FRR) è minacciata? I responsabili di questo istituto di pubblica
amministrazione, istituito nel 1999 dal Governo di Lionel Jospin, sono
preoccupati: nel momento in cui Bercy cerca in ogni modo di ridurre il
debito pubblico, i 25 miliardi di euro che hanno oggi nelle loro casse
possono suscitare qualche bramosia. Ma il timore più diffuso riguarda
operazioni di compravendita a breve termine in grado di privare il
fondo di quella liquidità che dovrebbe permettergli di svolgere il
proprio ambizioso compito. Il FRR ha infatti una missione: colmare, a
partire dal 2020, i bisogni di finanziamento dei regimi di pensione
dei salariati del settore privato, dei commercianti, degli artigiani e
degli agricoltori. All'atto della sua creazione, il fondo è stato
dotato di qualche miliardo di euro, con un obiettivo di 150 miliardi
di euro. Per arrivare a tanto la legge prevede che il FRR sia
soprattutto alimentato dalle eventuali eccedenze del regime generale
delle pensioni, in tutto o in parte dalle eccedenze del regime
generale del Fondo di solidarietà vecchiaia (FSV) e la destinazione
del 65% del prodotto di prelievo del 2% sulle imposte del capitale.
Deve anche contare su entrate eccezionali, tra cui quelle legate alle
privatizzazioni delle pubbliche imprese. Tra il 2002 ed il 2004 il FRR
ha beneficiato di circa 4/5 miliardi di euro all'anno. In particolare
ha approfittato di una parte delle entrate di privatizzazione del
Credito Lyonnais, delle Autostrade del Sud della Francia (ASF) e di
una parte delle liquidità ottenute grazie alla vendita delle licenze
UMTS agli operatori della telecomunicazione da parte dello Stato. Ma
queste fonti si esauriscono: quest'anno il FRR non potrà contare sul
FSV, fortemente deficitario. Il fondo non ha ricevuto nulla dalle
ultime privatizzazioni (Sanef, GDF, EDF).
I suoi responsabili temono che anche la vendita, imminente, da parte
dello Stato, delle quote che gli restano nelle autostrade, passi loro
sotto il naso.
A Bercy assicurano che tali operazioni finanziarie non sono ancora
terminate.
Di fatto, per il 2005, il FRR rischia di non beneficiare che di 1,3
miliardi di euro, provenienti dal 65% del prodotto di prelievo del 2%
sulle tasse da capitale, la sua sola entrata fissa. Di questo passo, i
150 miliardi di euro nel 2020 sono un'utopia.
Secondo uno studio del Consiglio di orientamento delle pensioni, per
rendere raggiungibile l'obiettivo bisognerebbe che il FRR ricevesse 5
miliardi di euro per anno. Per un pelo il fondo ha evitato il peggio:
a metà novembre, durante l'esame al Senato della legge sul
finanziamento della previdenza sociale, il senatore Jean-Jacques Jégou
(UDF, Val-de-Marne) aveva deposto un emendamento secondo il quale nel
2006 i contributi sulle imposte del capitale del FRR fossero versati
al FSV.
Jégou ha ritirato il suo emendamento, ma i sostenitori del FRR temono
altri assalti. "Alcuni si dicono: se il fondo non raggiunge i suoi
obiettivi, perché mantenerlo?", si lamenta qualcuno. "Dal momento che
il FRR è stato creato, occorre andare fino in fondo. Bisogna
proteggerlo da coloro che vorrebbero favorire il risparmio individuale
a danno del principio della pensione per ripartizione", sostiene
Jean-Christophe Le Duigou, segretario della CGT e membro del Consiglio
di sorveglianza del FRR. Le difficoltà del FRR, uno dei maggiori
investitori francesi, potrebbero anche penalizzare le attività del
mercato finanziario parigino
Traduzione a cura della redazione