Religione in pagella «Penalizzato chi rinuncia».

La denuncia delle altre confessioni
«In teoria è facoltativa, nei fatti non lo è».

Luigi Benelli, l'Unità del 16/12/2005

 

STORIA, SCIENZE, E RELIGIONE CATTOLICA Nella nuova pagella, o meglio il “portfolio” (così è chiamato dalla riforma Moratti) la religione non avrà più un foglio di valutazione a parte. La Religione, «ovviamente» quella cattolica, entra a far parte della valutazione complessiva dell’alunno. La riforma ha inserito l’insegnamento della religione tra le materie «obbligatorie opzionali», cioè può essere sostituita con attività alternative previste dalla scuola, ma nei fatti - secondo alcuni esperti - molti istituti non hanno sufficienti fondi per organizzare i corsi alternativi. In questo modo l’assenza dalla lezione comporterebbe una valutazione in meno per lo studente.

Il dibattito si è acceso dopo una circolare del ministero dell'Istruzione alle scuole ebraiche «profondamente lesiva» delle prerogative riconosciute alle altre confessioni. La denuncia arriva dai deputati Ds che chiedono, con un’interpellanza al Governo, di valutare il contenuto della circolare e di intervenire «per salvaguardare gli studenti non cattolici negli strumenti di valutazione». Infatti «nel documento ministeriale - spiegano i ds - ci sono espliciti riferimenti all'apprendimento della religione cattolica. Ciò è peraltro in contraddizione con il diritto di istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione, cui è riconosciuta la totale equiparazione con le scuole pubbliche, previsto nel nostro ordinamento».

La voce della pagella “attività alternative” non soddisfa il dirigente della scuola ebraica di Roma Benedetto Carucci Viterbi che conta 900 allievi: «Si era partiti con la scheda di valutazione a parte, lo scorso anno avevamo un nostro documento di valutazione, quest’anno dovremmo attenerci al modello che ci hanno inviato. Però non ha senso che nella pagella della nostra scuola ci sia la voce “religione cattolica”. E non è nemmeno ammissibile inserire come “alternativo” l’insegnamento della religione ebraica. Qui da noi è fondamentale: sono 7 ore alla settimana».

Il Concordato stabilisce che la scuola pubblica assicura l’insegnamento della religione cattolica. Ma, allo stesso tempo, anche la possibilità del “non-obbligo” della materia, con corsi alternativi e una valutazione a parte. Ora con la pagella unica c’è chi parla di «scuola confessionale». Marco Rostan, dell’associazione 31 ottobre per una scuola laica promossa dagli evangelici italiani, è categorico: «Si va sempre di più verso la linea della religione di stato. Non solo i vescovi scelgono gli insegnanti, ma se l’ora di religione rientra nelle valutazioni è chiaro che chi non la fa ha un voto che fa media in meno. Quindi è “opzionale” solo sulla carta, questa è una discriminazione e una mancanza di cultura laica». Per Sergio De Carli, presidente dell’Associazione Nazionale Insegnanti di Religione, il problema non esiste: «Tutte le altre confessioni che hanno stipulato rapporti con lo Stato hanno deciso di non volere il loro insegnamento a scuola nelle singole intese».

Ma dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia arriva una «ferma condanna». «La Corte Costituzionale - afferma il presidente Gianni Long - ha stabilito che è facoltativa ma non frequentare l’ora, pur essendoci il non-obbligo, diventa penalizzante per l’alunno dal momento che si trova ad essere valutato da un docente in meno. E ciò può influire sull’andamento generale».

Alberto Giannino Presidente nazionale ADC - Associazione docenti cattolici - si rifà al Concordato dell’84: «L’insegnamento della religione cattolica rientra nelle finalità educative della scuola. Non insegniamo solo la religione cattolica, dal 1987 si fa anche un confronto con ebraismo, islamismo. Non c’è nulla di strano se lo studente sceglie di fare religione e rientri nei curriculum. Ma bisogna ascoltare anche chi non segue queste ore». Sono circa 550mila gli studenti che hanno scelto di non seguire l’ora di religione su 8,7 milioni. Un dato significativo riguarda la diocesi di Milano perché - secondo Giannino - ci «sono 90mila ragazzi che non la seguono e non fanno corsi alternativi perché la scuola si rifugia nel fatto che non ha soldi per attivarli».