CONTRATTI. «Salari regionali per gli statali». Maroni: il pubblico impiego apripista del decentramento sollecitato anche dall'Ocse. Per Montezemolo meglio parlarne dopo le elezioni. di Vittorio Da Rold, da Il Sole 24 Ore del 5/4/2005.
«Proporrò al Governo di regionalizzare il rinnovo del contratto di lavoro del pubblico impiego, a partire da quello in discussione, tenendo conto della diversità per aree del costo della vita e della produttività così come ci chiede l'Ocse». A lanciare la proposta è il ministro del Welfare, Roberto Maroni, parlando a margine del vertice dei trenta ministri degli Affari sociali dei Paesi più ricchi che si è svolto ieri a Parigi. Il ministro ha spiegato che «questa è una delle due raccomandazioni importanti che l'Organizzazione internazionale fa all'Italia. L'altra indicazione per l'Italia - ha aggiunto - riguarda la diminuzione del costo del lavoro riducendo l'Irap sull'occupazione e su questo il 6 aprile si apre la trattativa tra Governo e parti sociali che deve concludersi però entro un mese, un calendario serrato ma necessario per poter trovare le formule più opportune e le soluzioni più adatte per ridurre l'Irap sul lavoro da presentare poi per il Dpef, il Documento di programmazione economica e finanziaria, e prendere il treno della Finanziaria 2006». Il ministro punta a utilizzare per la manovra parte dei 12 miliardi di euro di sgravi fiscali di cui ha parlato il premier Silvio Berlusconi. «Naturalmente si dovrà lavorare sull'Irap, su come abbassare l'aliquota Inail, limare gli oneri impropri, i versamenti per la Cassa, l'assistenza sociale ma senza toccare la contribuzione previdenziale diretta a finanziare le pensioni», spiega nel dettaglio il responsabile del Welfare. Poi torna alle due raccomandazioni «fatte al Governo italiano mio tramite e che intendo attuare al più presto». Come? La prima «con il tavolo sul costo del lavoro» e la seconda «formulando un'ipotesi che si possa applicare già da subito a questo rinnovo del contratto dei pubblici dipendenti». «Questo vuol dire superare il principio della contrattazione valida per tutti», afferma Maroni. In sostanza si tratta di «chiedere all'Istat di accertare il diverso costo della vita nelle Regioni, verificare se ci sono differenze (e naturalmente tutti sanno che ci sono) e poi applicare questi diversi indici ai contratti». Poi il ministro torna sul merito della trattativa in corso: «Gli aumenti proposti per il rinnovo del pubblico impiego sono più che sufficienti ed assolutamente equi», osserva commentando i dati comunicati ieri che danno l'inflazione a marzo al +1,9% e le retribuzioni di gennaio-febbraio in aumento del 3,7%. Il ministro prosegue spiegando che «se analizzassimo questi due parametri dovremmo dire che per il rinnovo del contratto del pubblico impiego che è quello attualmente in corso, gli aumenti che sono stati proposti sono più che sufficienti». In un'intervista alla Padania Maroni ha precisato che «solo con una soluzione regionale si può andare oltre i 95 euro». Ma la posizione del ministro ho trovato subito la levata di scudi dei sindacati. Una proposta «inaccettabile» e «inverosimile», la definiscono infatti la Cgil, Cisl e Uil stupiti di come sul pubblico impiego prendano forme «sperimentazioni che vanno al di là dei dipendenti pubblici». Mentre il vicepremier Gianfranco Fini ha detto: «Siamo pronti a valutare con i sindacati di sommare a quei 95 euro lordi, ed è il massimo, quel quid in più a condizione però che il sindacato sia assuma la responsabilità di rinnovo dei contratti non erga omnes, non per tutti, ma finalmente di un contratto sindacale che privilegi coloro che se lo meritano. Ciò vuole dire meritocrazia e produttività». E sulla vertenza del pubblico impiego è intervenuto anche il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo secondo il quale «di queste vicende meglio parlarne dopo le elezioni, al di fuori della campagna elettorale». Anche perché come ha chiarito il premier Silvio Berlusconi «la presunta volontà» di chiudere il contratto del pubblico impiego il giorno prima delle elezione è «una stupidità assurda», ha aggiunto, dal momento che ci sono delle posizioni in contrasto e anche nella coalizione ci sono divergenze sull'entità degli aumento che il Governo può concedere». Di conseguenza - ha spiegato il premier - «sarebbe stato assurdo da parte nostra pensare di trarne un vantaggio elettorale». Quanto all'ammontare degli incrementi Berlusconi ha ricordato che bisogna tenere conto «anche delle pressioni che giustamente fa la Confindustria in previsione di ricadute sui contratti privati e credo che la Confindustria abbia pienamente ragione». Duro il commento di Romano Prodi che dice: «È come sull'Iraq: un giorno 90 euro è un limite invalicabile, un altro giorno si parte da 95. Non ci capisco proprio niente. Adesso - prosegue - hanno deciso di andare a dopo le elezioni. Vedremo cosa ci preparano». |