«Si rischia di perdere dalle 500 alle 600 cattedre».
E alcuni presidi contestano: di Norma Raggetti, da Il Messaggero del 26/4/2005
Fermento e grande tensione nella scuola per il decreto legislativo emanato dal ministro Moratti che dà il via alla riforma della secondaria superiore: tutte le scuole diventeranno licei ad eccezione degli istituti professionali che saranno di competenza delle Regioni. Il secondo ciclo dell’istruzione sarà articolato in otto licei: classico, scientifico, artistico, musicale e coreutico, scienze umane, economico, linguistico e tecnologico, ma, con i vari indirizzi, il numero supererà i venti licei. “Dai prossimi giorni inizieremo un ciclo di conferenze nelle scuole della regione – dice Amedeo Zupi, coordinatore della Federazione lavoratori della conoscenza (ex Cgil scuola) – perché c’è molta disinformazione tra i docenti circa la concreta possibilità di perdere, solo in Umbria, tra le 500 e le 600 cattedre.” Il decreto Moratti ha infatti ridotto drasticamente il monte ore annuo d’insegnamento che , tradotto in termini di orario settimanale, equivale al passaggio dalle trentasei ore che si fanno attualmente in quasi tutti gli istituti a trenta ore settimanali. Si riduce il latino e il greco nei licei classici, ridotta drasticamente l’economia aziendale nei licei economici che passerà dalle attuali trenta ore settimanali impartite nei cinque anni a sole nove ore ( tre ore in terza, in quarta e in quinta). “Con questo progetto non ci sarà più un solo giovane al di sotto dei venti anni in grado di comprendere cosa sia un bilancio, come si tenga una contabilità o come ci si esprima nel mondo economico-aziendale – dice Ugo Truffarelli, sindacalista Uil e docente di economia aziendale all’istituto tecnico commerciale “Aldo Capitini” di Perugia – E’ vero che ci saranno le ore opzionali obbligatorie per le materie specifiche dei singoli indirizzi, ma sono talmente poche che non riusciranno sicuramente a dare quella preparazione di base che finora ha fornito buona professionalità a tanti studenti.” La liceizzazione della scuola italiana, che si articolerà in due bienni più un ultimo quinto anno con esame di stato, migliorerà la lingua italiana che si vedrà affiancata dalla “cultura classica” con qualche ora di latino per tutti, più l’introduzione della filosofia in ogni scuola.” “ E’ vero – dice la professoressa Giovanna Parisi – ma diminuirà l’insegnamento del diritto e di tutte le discipline professionalizzanti. Gli insegnanti si stanno organizzando per tipologie professionali proprio per far blocco contro la perdita del loro posto di lavoro.” La riforma del secondo ciclo è sempre stata la spina nel fianco di tanti Governi : dopo la riforma Gentile e i Decreti Delegati di malfattiana memoria , chiunque abbia deciso di rinnovare la scuola secondaria si è infranto contro uno scoglio insuperabile . Oggi ancora più complesso. Con la riforma del Titolo V della Costituzione si è affidata, secondo lo spirito della dévolution, la competenza della gestione del personale e dell’organizzazione scolastica alle Regioni.” ”C’è molta confusione a questo proposito tra gli insegnanti– dice il segretario Snals Maurizio Maio – perché tutto ciò significa che gli organici della scuola, oggi di competenza dello Stato, saranno di fatto assegnati alla Regione. Anzi, la Regione Toscana ha già attivato una legge proprio per acquisirli”. ”In questo modo – prosegue – poiché anche l’organizzazione scolastica sarà di competenza regionale si perderà quell’omogeneità di contenuti e di valutazione che ha finora consentito ai vari titoli di studio di essere “riconoscibili” a livello nazionale.” A questo va aggiunto che si deve tener conto che in ogni tipo di istituto superiore esistono due, tre ed anche più “indirizzi di sperimentazioni” attuate tutte per via amministrativa. Stipendi bassi, gratificazioni nulle, ed ora anche questo impasto tra Stato e Regioni che dà incertezze sia ai professori che agli studenti. ”Già, perché la riforma Moratti del primo ciclo ha ristabilito l’obbligo scolastico nei tradizionali otto anni fino quindi a tredici-quattordici anni di età, ma per i giovani che interrompono gli studi non è possibile entrare nel mondo del lavoro prima dei quindici anni: ecco allora fatto un protocollo d’intesa tra Ufficio scolastico e assessorato regionale alla formazione professionale per “raccattare” quei ragazzi che decidono di non proseguire gli studi e convincerli a frequentare un corso di formazione nei centri regionali della Bufalini di Città di Castello o nei Cnosfap di Perugia e Foligno. “Ma finora i risultati ottenuti non sono molti. – osserva il preside Luciano Lorenzetti, a riposo dallo Stato ma attivo all’istituto Cnosfap Don Bosco e presidente della Fondazione S.Anna – E’ un buco di un anno e mezzo che mette a rischio molti ragazzi giovanissimi.” Per i ragazzi che decidono di entrare nel mondo del lavoro, c’è a disposizione il percorso dell’istruzione e formazione professionale che sarà articolato in percorsi triennali che si concluderanno con una qualifica professionale (i profili specifici saranno individuati sulla base dei fabbisogni del territorio) e percorsi quadriennali che consentiranno di ottenere un diploma. Se poi questi giovani volessero andare all’Università, dovranno fare un ulteriore quinto anno realizzato d’intesa con i licei e con l’Università. La nuova organizzazione del secondo ciclo scolastico prevista dal decreto legislativo Moratti sarà attivata, gradualmente, a partire dall’anno scolastico 2006-2007. |