virgolette Quintiliano e l’istruzione I difetti dell’insegnante. di Giuseppe Tesorio, da Il Corriere della Sera del 18/4/2005
«Non abbia, né sopporti difetti», il professore. «Sia austero ma non arcigno, cordiale ma non in misura esagerata, per evitare, nel primo caso, l'antipatia e, nel secondo, la mancanza di riguardo. I suoi argomenti preferiti siano l'onestà e il bene, ché, quanto più spesso avrà dato consigli, tanto meno spesso dovrà infliggere castighi. Il suo insegnamento sia chiaro e semplice; pretenda quanto è giusto e sempre, piuttosto che molto e a sbalzi. A chi fa domande risponda di buon grado, a chi non ne fa sia lui a farle. Un giudizio troppo severo suscita il tedio allo studio, un giudizio troppo largo provoca sufficienza e trascuratezza. Il motivo di certe avversioni allo studio è che i rimproveri sembrano per lo più partire da malanimo (...). Non conceda ai ragazzi troppa libertà; oggi i ragazzi, belli e pronti, non solo si alzano, ma sciamano addirittura dai loro posti e schiamazzano indecorosamente: ne deriva una tale boriosa convinzione di superiorità. Tra i compiti fondamentali dell'insegnante c'è quello di aiutare i ragazzi a fare una scelta sicura nell'indirizzo degli studi: perché ci sarà uno meglio portato alla storia, un altro alla giurisprudenza; come del resto, sarà bene consigliare a taluni di dedicarsi all'agricoltura». Lucido e severo, M. Fabio Quintiliano, nato tra il 35 e il 40 dopo Cristo. Il suo poderoso trattato sull'istruzione, «Institutio oratoria», andrebbe assolutamente riletto. In fondo, a scuola, non c'è mai nulla di nuovo. |