Studio Ires: i pubblici dipendenti attendono da
15 mesi, Statali, mille euro già persi per il ritardo del contratto. Cgil: bolli, tariffe e fiscal drag pesano più dei tagli fiscali. di Roberto Mania, da la Repubblica del 3/4/2005
ROMA - Nelle tasche dei dipendenti pubblici mancano all'appello più di mille euro. È questa la conseguenza del mancato rinnovo del contratto di lavoro, scaduto ormai da quindici mesi. E per un ricercatore che attende il nuovo contratto da 39 mesi la perdita è pari addirittura a 6.200 euro. I conti li ha fatti l'Ires, il centro di ricerca della Cgil, ipotizzando un accordo con un incremento retributivo a metà tra le richieste dei sindacati (intorno all'8 per cento) e le disponibilità del governo (poco più del 4 per cento). L'elaborazione, sulla base perlopiù di dati Istat, è contenuta in un dossier - ancora da ultimare - sulle dinamiche dei salari e sull'impatto che hanno sui redditi dei lavoratori le politiche tariffarie e quelle fiscali. Risultato: un lavoratore medio con un reddito lordo annuo intorno ai 22 mila euro, subirà nel 2005 un aumento di costi di 15 euro al mese, per effetto dell'incremento delle imposte locali, delle tariffe dei servizi pubblici, della mancata restituzione del fiscal drag. Tutti aumenti che non riescono ad essere compensati dalla riduzione dell'Irpef decisa dal governo con l'ultima legge Finanziaria. «Dal nostro lavoro - spiega il presidente dell'Ires, Agostino Megale - emerge chiaro che non sono sufficienti i contratti per difendere il potere d´acquisto dei lavoratori dipendenti. Nella stessa direzione, infatti, dovrebbero muoversi la politica fiscale e quella tariffaria. Da qui la proposta di un accordo per una nuova politica dei redditi». Che agendo sulle diverse leve a disposizioni (contratti, fisco, tariffe, imposte locali, prezzi welfare) serva anche ad arrestare il crescente «impoverimento» - secondo l´Ires - di alcune aree sociali: lavoratori del Mezzogiorno e delle piccole imprese; una parte di rilievo del dipendenti dell'industria, oltre la metà degli ex co.co.co (oggi collaboratori a progetto), coloro, infine, impegnati nei servizi alla persona. In totale, infatti, sono circa 16,5 milioni i lavoratori che guadagnano meno di mille euro netti al mese; platea che sale a 20 milioni se si alza l´asticella del reddito soltanto di un po', a 1.350 euro netti al mese. Per il 2005, l'Ires - diversamente dal ministero dell'Economia che nel Dpef stima una discesa al 40,8 per cento - non prevede una diminuzione della pressione fiscale in rapporto al Pil. Resterà stabile - secondo i ricercatori della Cgil - intorno al 41,6-41,7 per cento a fronte del 41,8 per cento del 2004. A rendere più complicata la tutela del reddito reale dei lavoratori c´è, poi, la mancata restituzione, nel 2002, 2003 e 2004, del cosiddetto drenaggio fiscale, cioè il maggiore prelievo fiscale sui redditi provocato dalla crescita dell'inflazione. La quale, a sua volta, ha progressivamente marcato le distanze dal tasso programmato dal governo, sulla cui base fino al 2004 si sono rinnovati i contratti. Poi i sindacati hanno optato, nelle piattaforme, per l'inflazione attesa e non più quella programmata nel Dpef. A peggiorare il quadro c'è anche l'ondata di aumenti di imposte (bolli, tabacchi, casa) e tariffe (gas, luce, telefono, rifiuti, autostrade). Ed ecco - a valle di tale processo - che cosa accadrà nel corso di quest'anno, secondo i calcoli dell'Ires, per il lavoratore medio con una retribuzione media annua di 22.232 euro: l'Irpef scenderà da 3.133 a 2.897 euro con un risparmio di tasse di 236 euro; ci sarà, però, un aggravio di imposte e tariffe di 273 euro insieme alla mancata restituzione del fiscal drag pari a 141 euro. Il tutto porterà così ad un incremento di spese reali di 178 euro medie annue.
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