SCUOLA.

Le crocette del ministro Moratti.

Al via la somministrazione di massa dei test dell'Invalsi

Gli insegnanti: «Metodo sbagliato, non tiene conto della creatività».

 

  di Cinzia Gubbini, da il Manifesto del 6/4/2005

 

Nessun test somministrato ai ragazzini: un modo per «sminuzzare» il sapere, per oscurare la cooperazione e il dialogo, per tranciare le ali della creatività. Nelle scuole italiane è inziata l'ennesima battaglia contro le novità introdotte - come sempre dall'alto e senza alcun confronto con gli insegnanti - dal ministro dell'istruzione Letizia Moratti. Questa volta ad essere presi di mira sono i test di italiano, scienze e matematica che l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (Invalsi) inizierà a distribuire nei prossimi giorni - secondo alcune voci già da oggi - nelle scuole elementari, medie e superiori. Ad essere «testati» gli studenti della seconda e della quarta elementare, della prima media e del terzo superiore. L'obiettivo è di verificare le conoscenze e le abilità conseguite dagli allievi e di valutare la qualità complessiva dell'offerta formativa: un tema molto caro al ministro Moratti e neanche sbagliato a livello di principio. Il problema è il come e il perché. Il come è presto detto: i ragazzi sono chiamati ad apporre crocette su risposte chiuse. Nessuna possibilità di parlare con gli insegnanti o con i compagni, né prima né dopo (o meglio, questo tipo di confronto non viene minimamente preso in considerazione nella fase di valutazione). Nessuna possibilità di spiegare perché si pensa che quella sia la risposta giusta, o la migliore. Tra gli insegnanti gira già un esempio, che sembra si riferisca a un episodio realmente accaduto in una scuola materna. A una classe viene sottoposto il seguente esercizio di logica: c'è un cucchiaio da una parte, una tazza e una scarpa dall'altra. Dove va il chucchiaio? Tutti i ragazzi mettono il cucchiaio nella tazza, tranne uno, che lo infila nella scarpa. Perché? Chiede l'insegnante. «Così si ride un po'», dichiara il bambino. Come va misurato questo risultato?

Il perché il ministero abbia deciso di avviare questa nuova iniziativa suscita molti interrogativi. Non si sa se si tratta di una mera ubriacatura oggettivistica o se si stia cercando un parametro spendibile per classificare le scuole - così da razionalizzare i finanziamenti, magari passando attraverso la retrocessione degli insegnanti che non sono considerati adeguati al loro compito.

In prima linea contro la somministrazione dei test ci sono i milanesi di Retescuole.net, il Cesp di Bologna, i Cobas e anche la Cgil che - pur dichiarandosi non pregiudizialmente contraria alla valutazione - contesta il metodo. Prima di tutto perché il ministro ha rifiutato ogni tipo di confronto, e poi perché l'Invalsi - che Moratti ha sostituito al Cede - è alle dirette dipendenze di Viale Trastevere. Tutti d'accordo, inoltre, nel sostenere che la presunta «obbligatorietà» del test - da questo anno non si potrebbero rifiutare di compilarlo le elementari, perché già «riformate» - non trova appiglio in alcuna norma di legge. «Le scuole possono rifiutarsi di partecipare alla somministrazione - spiega Gianluca Gabrielli del Coordinamento per la difesa del tempo pieno di Bologna - e noi invitiamo insegnanti e genitori a boicottare questa mastodontica iniziativa, che non ha precedenti in Italia. Ci rifiutiamo di accettare una valutazione che non tiene minimamente conto della specificità delle singole scuole, del contesto relazionale dei bambini, della loro creatività. Per non parlare del prevedibile effetto retroattivo sulla didattica - continua Gabrielli - è facile immaginare che l'insinuarsi di una pratica di questo tipo indurrà gli insegnanti ad insegnare per passare i test, rinunciando al patrimonio di conoscenze che caratterizza la scuola italiana».