Un pallottoliere per tre.

di Gianfranco Pignatelli dal CIP del 6/8/2005

 

Un pallottoliere per tre. Bastasse, lo regaleremmo ai ministri Moratti e Siniscalco ed al loro premier. Governano, e Dio sa come. Mentono, e gli italiano, sanno quanto. Ma che non sappiano fare i conti, è davvero grave.

La Moratti, lo scorso 3 agosto, ha rilasciato un comunicato intriso di soddisfazione ed autocompiacimento nel quale sostiene: “in quattro anni, con l'assunzione di ben 130.000 precari, abbiamo ridotto del 50% il precariato storico”. Ministro, provi a contare: 60.000, del 2001, + zero, del 2002 e 2003, + 12.500, dello scorso anno, + 35.000, di quest’anno, farebbero 107.500. Farebbero perché la prima, e più consistente, quota non le appartiene, in quanto deliberata dal governo di centrosinistra. In attesa di dedicarsi al municipio di Milano, il ministro si sarà distratto. Forse non sa che, nonostante le 25.936 cattedre evaporate sotto la sua gestione, i precari impegnati quest’anno sono stati 33.249, fino al 31/08, più 100.591, fino al 30/06/05. L’anno prossimo, per cessazione del sevizio, ci sarà un ulteriore fabbisogno di 20.000 unità. Pallottoliere alla mano, fanno 150.000: precario in più, precario in meno. Per non parlare del vuoto d’organico previsto per l’esodo biblico prodotto dalla sciagurata ed omonima sua riforma. Questa, sì, è stata la vera mossa vincente per assorbire il precariato storico, far appendere al chiodo il registro a tanti valenti colleghi, avviliti da portfoli, “i” che vanno e vengono, tutoraggio ed altre stoltezze del genere. La ministro, invece, non mente quando afferma che è diminuito il precariato storico. Nel suo pallottoliere non compaiono le decine di migliaia di neoprecari sfornati, a ciclo continuo ed a caro prezzo, dalle SSIS per foraggiare gli atenei e non risultano neanche gli over 65 depennati d’autorità.

Una ripassata di pallottoliere la faremmo fare anche al ministro Siniscalco che, per troppo tempo, ha bloccato, e poi falcidiato, il contingente delle immissioni in ruolo. A conti fatti (chissà come?) sosteneva che la ricostruzione di carriera avrebbe provocato un aggravio di spesa per la finanza pubblica. Se lo avesse affermato a Cernobbio, al meeting di Confindustria, ci avrebbero anche potuto credere. Il guaio è che lo hanno sentito i precari. Loro sanno bene quanto percepiscono in meno rispetto ai colleghi anziani ai quali subentrano. Dalle loro tasche appare chiaro che lo stato avrebbe risparmiato, solo per i 35.000 neo assunti, oltre 100 miliardi delle vecchie lire.
Nella conferenza stampa di presentazione del decreto, tenendo per mano la Letizia - come fa di prassi con i suoi ministri-, il premier sostenne che l’immissione in ruolo sarebbe stata a “costo zero”. Che lo abbia fatto per non toccare la suscettibilità degli antistatalisti e del popolo delle partite IVA o per allietare la stampa con una delle sue esilaranti barzellette, certo è che, quella volta, ci vide quasi giusto. All’uno e all’altro consigliamo – ancora una volta, pallottoliere alla mano – di rifarsi bene i conti. Se il numero dei precari immesso in ruolo fosse stato superiore si sarebbero ottenuti, nell’ordine: un maggiore risparmio per la finanza pubblica, una diminuzione del numero di precari, un innalzamento dell’offerta formativa della scuola pubblica. Posto che queste siano tra le loro preoccupazioni.

Nel frattempo da insegnanti, ci permettiamo di assegnare un problemino, uno facile facile, per le vacanze, da risolvere con il pallottoliere. In una scuola già allagata di precari ne vengono immessi altri dai rubinetti aperti senza freno in tutti gli angoli d’Italia. Un solerte ministro, ad ogni elezione, toglie un cucchiaino di precari. Quanti anni vuol campare il ministro per svuotare la scuola da tutti i precari?