Approvato dal consiglio dei ministri il decreto
attuativo
della riforma Moratti sulla formazione.
I prof dicono addio ai mega-concorsi.
Dal 2006 cambia la professione, con lauree a
numero chiuso.
da
ItaliaOggi del
9/8//2005
Concorsi pubblici addio. Per accedere alla
professione docente dal 2006 sarà necessario laurearsi in facoltà a
numero chiuso e superare un esame di stato. Come per ingegneri,
giornalisti, medici, tanti liberi professionisti insomma, anche per
gli insegnanti dunque niente più concorsi epocali, per attesa e tassi
di partecipazione, vissuti ogni volta come l'ultima scialuppa per
conquistare il sospirato posto fisso nella pubblica amministrazione.
Arrivano corsi universitari programmati in base alle effettive
esigenze e albi regionali da scorrere, in base ai punteggi, per
assegnare prima i contratti di formazione lavoro e poi i contratti a
tempo indeterminato.
Il nuovo meccanismo di selezione è previsto dal
decreto del ministero dell'istruzione su
“formazione iniziale e accesso
all'insegnamento”
approvato la scorsa settimana dal consiglio dei ministri. Un testo che
si attendeva da ormai cinque mesi e che il ministro dell'istruzione,
Letizia Moratti, ha deciso all'ultimo momento di portare a palazzo
Chigi nonostante la mancata acquisizione del parere in Conferenza
stato-regioni. Il decreto rischiava di non essere approvato in tempo
utile per la scadenza della delega prevista per metà ottobre, facendo
così saltare uno dei passaggi attuativi più importanti della riforma
della scuola, la legge n. 53/2003. Dopo il via libera del governo,
infatti, il provvedimento dovrà andare in parlamento per acquisire,
entro 60 giorni, il parere delle competenti commissioni, per poi
essere varato definitivamente dal consiglio dei ministri.
Per baipassare la Conferenza, il provvedimento è stato asciugato di un
comma, il comma 5 dell'articolo 2 che recitava:
“Per
l'accesso all'insegnamento nei percorsi di istruzione e formazione
professionale, le regioni possono avvalersi anche del canale formativo
di cui al presente decreto legislativo, in connessione con apposite
procedure concorsuali disciplinate dai rispettivi ordinamenti”.
Viene così eliminata la riforma dell'abilitazione all'insegnamento per
il canale della formazione professionale, che è materia di competenza
regionale. Ma non è escluso che possa essere reinserita in un secondo
momento, quando le regioni decideranno la loro posizione in merito.
Il provvedimento ha l'obiettivo di evitare nuovo precariato. I docenti
che si abiliteranno dal prossimo anno, e potranno dunque esercitare la
professione in una scuola statale, potranno far affidamento su una
programmazione: il fabbisogno di insegnanti rilevato ogni anno a
livello regionale, accresciuto di un 10%, darà luogo al numero di
posti da mettere in gara per la formazione universitaria evitando in
questo modo di avere più insegnanti del necessario. La preselezione è
affidata agli stessi atenei. Due i canali in cui si dividono le
discipline, che alla fine danno diritto al rilascio della laurea
magistrale o del diploma accademico di secondo livello. Il docente è
abilitato all'insegnamento “previa
valutazione positiva del tirocinio, con la discussione della tesi e il
superamento di un esame di stato, costituito da apposite prove aventi
anche valore di prove concorsuali, secondo modalità definite con
decreto del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca”.
Sarà sempre il dicastero di viale Trastevere a stabilire, con uno o
più decreti, le classi dei corsi di laurea magistrale, il profilo
formativo e professionale dell'insegnante, le attività didattiche,
comprensive di laboratori e tirocinio, i crediti distinti per i
settori scientifico-disciplinari (“in
misura pari all'80% dei complessivi 120 crediti formativi
universitari, di cui non più del 25% dell'area
pedagogico-professionale, in modo da garantire, al termine del
percorso formativo, l'acquisizione del profilo formativo e
professionale del docente”).
I prof così abilitati saranno finalmente ammessi, a cura degli uffici
scolastici regionali e in base al voto conseguito all'esame di stato,
nelle apposite graduatorie, per ciascuna classe di abilitazione.
Nell'ambito del contingente autorizzato per le assunzioni del
personale docente, il direttore scolastico regionale provvederà
all'assegnazione alle scuole degli aspiranti prof in posizione utile,
“tenendo
conto delle preferenze espresse dagli stessi”.
Su quel contingente non sarà possibile procedere con supplenze.
Prima però di arrivare a firmare il contratto a tempo indeterminato,
l'interessato dovrà superare il primo anno di formazione lavoro, della
durata non inferiore ai 180 giorni. “Compiuto
l'anno di applicazione”,
recita il comma 6 dell'articolo 5, “il
docente abilitato discute con il comitato per la valutazione del
servizio una relazione sulle esperienze e attività svolte e
adeguatamente documentate”.
Se il giudizio del comitato è favorevole, il dirigente scolastico
stipula direttamente il contratto. La nomina vincola l'insegnante a
prestare servizio, almeno per tre anni consecutivi, nella stessa sede.
Se l'esito della valutazione è invece negativo, dovrà ripetere l'anno
di formazione.